Ue, l'ultima follia green: ora siamo obbligati a ripristinare le paludi
L’Europa ha confezionato la madre di tutte le fregature “green”. In chiusura del trilogo con le altre istituzioni europee - Commissione e Consiglio - il Parlamento Ue ha approvato ieri la contestatissima legge sul Ripristino della natura. Riesumando quasi tutti gli aspetti più controversi che erano stati espunti nel passaggio in Commissione agricoltura. Permane innanzitutto, l’esclusione introdotta con gli emendamenti approvati (e soppressi) delle superfici agricole da riforestazione, recupero delle paludi e biodiversità forzata. Ma saranno i singoli governi dei Ventisette a dover verificare se e come gli agricoltori soddisfino gli obiettivi di biodiversità. Rientrano, invece, alcune delle norme che avevano e hanno fatto esultare ambientalisti, sinistra e pure pentastellati. A cominciare dal ripristino del 30% delle aree paludose entro il 2030. Senza dimenticare l’obbligo di riportare ben 25mila chilometri di corsi d’acqua a fiumi «a scorrimento libero». Vale a dire senza argini. Per avere un’idea di cosa possa significare questo vincolo, basti pensare che il Po, primo fiume italiano, segue un percorsodi 652 chilometri dal Monviso all’Adriatico. Confermato poi l’obbligo di piantare almeno tre miliardi di nuovi alberi entro il 2030. Il testo approvato in seduta plenaria dall’Europarlamento è passato con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti.
Fra gli italiani hanno votato compatti per il no i rappresentanti di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Favorevoli, invece gli eurodeputati del “campo largo”. Hanno detto sì i Dem Brando Benifei, capodelegazione Pd a Strasburgo e Paolo De Castro, ex ministro dell’Agricoltura nei governi D’Alema e Prodi, e nella precedente legislatura europea presidente della Commissione agricoltura. Un sì convinto da parte di Mercedes Bresso, Beatrice Covassi, Pietro Bartolo, Elisabetta Gualmini, Alessandra Moretti, Franco Roberti, Irene Tinagli, Patrizia Toia, Achille Variati. Tutti del Pd. Rinforzati da alcuni indipendenti di area, come l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia e l’ex inviato delle Iene ed ex grillino Dino Giarrusso. Favorevoli pure i 5 europarlamentari 5 Stelle: Tiziana Beghin, Maria Angela Danzi, Laura Ferrara, Mario Furore, Sabrina Pignedoli. Senza dimenticare la pattuglia dei Verdi: Ignazio Corrao (già capo delegazione grillino a Strasburgo), Rosa D’Amato, Anna Cavazzini, Piernicola Pedicini.
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«E non è vero che gli ecosistemi agricoli sono esclusi dalla legge su Ripristino della natura», spiega a Libero Marco Campomenosi, capodelegazione della Lega all’Eurocamera, «i governi nazionali sono vincolati a mettere in atto misure che migliorino almeno due dei tre indicatori ritenuti decisivi da Bruxelles: vale a dire l’indice della farfalle comuni, la superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità e il carbonio organico nei terreni coltivati». «Il Parlamento europeo pone una distanza abissale tra sé e gli agricoltori»; afferma Salvatore De Meo (Forza Italia), «in un momento in cui sarebbe stato doveroso, invece, tendere una mano in aiuto, richiesta a gran voce da tutto il comparto europeo. Il Ripristino della natura non rappresenta un traguardo significativo per l’ambiente né una base solida per il futuro, ma solo un modo brutalmente ideologico di affrontare la perdita di biodiversità e la protezione dell’ambiente, assumendo posizioni che allontanano le possibili soluzioni e alimentano ulteriormente le difficoltà».
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Molto critica pure la Coldiretti. «Si tratta di una legge senza logica che, tra le altre cose, diminuisce la produzione agricola», sottolinea il presidente Ettore Prandini, «un compromesso al ribasso rispetto alla proposta del Parlamento, anche se meno negativa della prima proposta della Commissione europea». Per il numero uno della Coldiretti è comunque importante aver contribuito a far cadere insieme agli europarlamentari «una serie di vincoli, come l’abbandono del 10% delle superfici agricole e i disincentivi alla manutenzione del territorio. Tutte misure che avrebbero ulteriormente ridotto la capacità produttiva. La legge», aggiunge Prandini, «resta un controsenso perché mette in contrapposizione la natura e l’agricoltore, che in realtà è il vero custode di questo patrimonio ambientale. Non è allontanando gli agricoltori dalla terra che si preserva l’ambiente». Senza contare che «mentre continuiamo a spingere sul tema della semplificazione come ribadito anche ieri a Bruxelles questa legge va ad appesantire gli aspetti burocratici e i piani nazionali per le misure di ripristino che sarebbero molto complicati». Alla fine ha comunque prevalso l’impostazione ideologica che aveva nell’ex numero due della commissione Frans Timmermans il massimo referente. Lui a Bruxelles non c’è più, dopo aver rassegnato le dimissioni per partecipare alle elezioni olandesi, rimediando una bocciatura. Il Timmermans-pensiero, pero, è più vivo che mai.
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