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Lavoro, l'ultimo boom degli occupati spazza via il reddito di cittadinanza

Attilio Barbieri
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Prosegue il buon andamento nel mercato del lavoro. Nella nota diffusa ieri con le elaborazioni al terzo trimestre dell’anno l’Istat aggiorna tutti gli indicatori. Nel periodo da agosto a ottobre gli occupati sono 65mila in più rispetto al trimestre precedente. Merito della crescita fatta segnare dalle assunzioni a tempo indeterminato, 75mila in più e dei 10mila occupati con un’attività autonoma. Due voci che hanno più che compensato il calo dei dipendenti a termine, ben 19mila in meno in tre mesi. Sostanzialmente stabile il numero dei disoccupati (+2mila). Prosegue il calo degli inattivi di 15-64 anni che a fine ottobre erano 84mila in meno.

I tassi registrano una dinamica simile: quello di occupazione sale al 61,5% (+0,2%), quello di disoccupazione è stabile al 7,6% e il tasso di inattività 15-64 anni cala al 33,3% (-0,2%). Ma la crescita dell’occupazione e del relativo tasso, segnala l’Istat, «interessa soltanto gli ultracinquantenni, tra i giovani infatti diminuiscono entrambi gli indicatori». Il raffronto con il terzo trimestre 2022 restituisce un andamento tendenziale ugualmente positivo. Gli occupati sono 481mila in più, grazie all’aumento dei contratti a tempo indeterminato (+3,1%) e degli autonomi (+1,6%), mentre i dipendenti a termine diminuiscono del 2,3%. Prosegue il calo dei disoccupati che calano di 80mila. Ma colpisce, soprattutto, la diminuzione degli inattivi che sono 442mila in meno rispetto al terzo trimestre 2022.

Nonostante l’aumento degli occupati coinvolga anche i giovani di 15-34 anni (+81mila), la crescita si concentra tra gli ultracinquantenni: +440mila tra chi ha fino a 64 anni e addirittura +72mila tra i 65-89enni.
Al contrario, si registra un calo nel numero di occupati nella fascia da 35 a 49 anni, che su base tendenziale sono addirittura 111mila in meno. Ma si tratta di una dinamica che si è consolidata, segnala l’Istituto di statistica, addirittura negli ultimi 15 anni: «La quota degli occupati tra 15 e 34 anni di età è scesa dal 30,1% del terzo trimestre 2008 al 22,7% del terzo 2023, mentre quella di chi ha almeno 50 anni è aumentata dal 24,2% al 40,4%».

L’invecchiamento della popolazione attiva è nei fatti e si deve «al prolungamento della permanenza in età sempre più avanzate a seguito dell’inasprimento dei requisiti per accedere alla pensione». E a proposito di pensione c’è da registrare che l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel rapporto diffuso ieri e intitolato Pensions at a glance 2023, segnala che in Italia la spesa pensionistica pubblica presenta uno squilibrio rispetto ai contributi. «Anche se l’aliquota contributiva è molto elevata, le entrate derivanti dai contributi pensionistici rappresentano solo circa l’11% del Pil, e richiedono ingenti finanziamenti da parte della fiscalità generale». Secondo gli economisti newyorchesi, «l’elevata età pensionabile legale non è vincolante per molti lavoratori poiché l’Italia offre un ampio accesso al pensionamento anticipato». E «queste possibilità di andare in pensione prima dell’età pensionabile legale si traducono in tassi di occupazione molto bassi dopo i 60 anni. Si tratta di una sfida sempre più impegnativa in quanto si prevede che la popolazione in età lavorativa diminuirà di oltre un terzo entro il 2060». I giovani italiani che entrano ora nel mercato del lavoro andranno in pensione a 71 anni. Ma non si tratta di un caso isolato. «L’età pensionabile dei neoassunti attuali raggiungerà i 70 anni in Olanda e in Svezia, i 71 anni in Estonia e Italia e persino i 74 anni in Danimarca», per l’aumento della «aspettativa di vita», aggiunge l’Ocse.

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