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Salario minimo, se anche l'Ocse boccia la proposta del Pd

Michele Zaccardi
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Che la ricetta di Pd e Movimento 5 Stelle fosse semplicistica era stato sottolineato da diversi economisti. Oltre a produrre potenzialmente effetti perniciosi (come un incremento del sommerso), è chiaro infatti che fissare un minimo orario da 9 euro non basta a risolvere il problema del lavoro povero. Ora la conferma arriva anche da Andrea Garnero, economista dell’Ocse non certo tacciabile di simpatie destrorse. Anzi, solitamente citato a sinistra come paladino della paga base.

Ed è per questo, probabilmente, che La Stampa gli ha concesso una bella paginata. Ma Garnero rischia di deludere i suoi fan. L’economista parte da un dato di fatto: in Italia gli stipendi (tutti) non crescono da oltre trent’anni. Anzi, sono persino diminuiti. Nel 2020, infatti, i redditi da lavoro annui (a parità di potere d’acquisto) risultavano inferiori dell’1% rispetto al 1990. Un trend che, se si esclude la Spagna- che ha registrato una crescita, pur modesta, del 3% - ci vede sideralmente lontani dalle grandi economie mondiali. Nello stesso lasso di tempo, i salari sono infatti aumentati del 48% negli Stati Uniti, del 33% in Francia e del 30% in Germania.

PRODUTTIVITÀ
Secondo Garnero, oltre alla grande diffusione dei contratti a termine e del part-time che si è registrata in Italia in quel periodo, la ragione della deludente dinamica salariale è da imputare alla stagnazione della produttività del lavoro, ovvero quanto si produce in un’ora, che dal 1995 ha smesso di crescere. Anche la produttività del capitale, e cioè quanto valore aggiunto creano i “macchinari”, tra il 1995 e il 2021 è calata (-0,7%), mentre quella totale dei fattori, che misura l’efficienza complessiva del processo produttivo, è rimasta al palo.

Ed è insomma da qui che, secondo Garnero, bisogna partire per risolvere la scarsa crescita degli stipendi. La soluzione prospettata dall’economista assomiglia molto alla proposta del Cnel, fatta propria anche dalla maggioranza nell’emendamento con cui si delega al governo la stesura di una legge per assicurare retribuzioni «eque e giuste», rafforzando il ruolo della contrattazione collettiva. Una controproposta, insomma, che affossa definitivamente il disegno di legge delle opposizioni per una paga oraria da 9 euro.

LE SOLUZIONI
Certo, per Garnero occorre «garantire minimi salariali adeguati», ma senza alcuna preclusione sullo strumento: si può fare sia «per legge» (come vuole la sinistra) sia attraverso «la contrattazione». Oltre a questo, prosegue l’economista, bisogna «incentivare al massimo l’occupazione e il lavoro a tempo pieno» riformando il sistema del welfare, e «affrontare le debolezze macroeconomiche e di politica industriale».

Serve infine spingere sugli «investimenti in istruzione e formazione, con l’obiettivo di aumentare quantità e qualità del lavoro nel nostro Paese». Vasto programma, certo, ma, come spiega sempre Garnero, non ci sono soluzioni facili a una stagnazione degli stipendi che si protrae da trent’anni. Soprattutto, però, molti punti sono in comune con la proposta formulata dalla maggioranza. L’obiettivo, si legge nel testo depositato alla Camera da Fratelli d’Italia, è quello di assicurare trattamenti retributivi «giusti ed equi», contrastare il lavoro sottopagato, stimolare il rinnovo dei contratti collettivi (molti dei quali scaduti da anni) e contrastare il cosiddetto “dumping contrattuale”, che riduce le tutele dei lavoratori. Una volta approvata la delega, il governo avrà sei mesi di tempo per adottare i decreti attuativi al fine di «garantire così l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione».

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