Olio extravergine, la tempesta perfetta: ecco perché può sparire dal bancone
Per la prima volta dopo due anni ad ottobre i prezzi di alcuni generi alimentari calano anziché aumentare. È il caso di alcune varietà di ortofrutta. Ma è presto per cantare vittoria. Su alcune derrate alimentari sta per abbattersi una nuova tempesta perfetta. Succede all’olio extravergine di oliva la cui produzione è letteralmente crollata in tutti i Paesi del Mediterraneo: Italia, Spagna, Grecia e Tunisia registrano un calo impressionante nella produzione olivicola. La Spagna, ad esempio, è passata nel volgere di pochi anni da 1,8 milioni di tonnellate della campagna 2018-2019 a 1,4 milioni della campagna 2021-2022. Ma quest’anno si fermerà a 765mila tonnellate. Poco più di un terzo rispetto al picco produttivo raggiunto quattro anni or sono. In Italia non è andata meglio. La produzione di oro verde è passata dalle 366mila tonnellate del 2019-2020 alle 290mila della campagna in corso. Ma sono oramai diversi anni che a fare il mercato e a determinare i prezzi sono i produttori oleicoli spagnoli. E proprio il crollo produttivo registrato dagli iberici ha già provocato il raddoppio delle quotazioni all’origine negli ultimi 12 mesi. Nel novembre 2022 il prezzo medio dell’extravergine origine Spagna era di 4,73 euro al chilogrammo. Ora si paga 7,92. Quasi il doppio. E nonostante le correzioni delle ultime settimane - legate alla compravendita di partite dell’anno scorso- la prospettiva è di ulteriori rincari.
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MANCA MATERIA PRIMA
I silos sono vuoti. In Andalusia come nel Barese. Si riempiranno parzialmente con l’extravergine frutto della raccolta in corso, ma andiamo verso un periodo di penuria della materia prima. Per avere un’idea di cosa stia succedendo nelle Borse merci che peraltro continuano a brillare per la scarsa trasparenza- l’olio Dop Terra di Bari si paga 8,10 euro al chilogrammo. L’extravergine origine Italia, sempre a Bari è quotato ugualmente 8,10 euro al chilo. Incredibile ma vero.
Una situazione mai sperimentata sul mercato olivicolo-oleario europeo che condurrà nel giro di qualche settimana a un balzo verso l’alto nei prezzi al consumo. La casalinga di Voghera deve scordarsi l’extravergine origine Ue a listino sotto i 6 euro al litro. E magari in offerta a 2,99 euro. Si parte da prezzi della materia prima attorno agli 8 euro al litro. E nei frantoi italiani dove si moliscono olive tricolori di qualità eccelsa, le quotazioni partono già ora da 13-14 euro al chilo. «L’olio d’oliva extravergine uscirà dai prodotti civetta venduti dai supermercati», spiega a Libero David Granieri vicepresidente dell’Unaprol, il più importante consorzio della produzione olivicola italiana e numero due di Coldiretti. «L’extravergine è destinato a uscire dai prodotti primo prezzo», aggiunge, «se la quotazione dell’olio sfuso sul mercato comunitario vale fra 8 e 9 euro al chilogrammo, con etichetta, trasporto e tutte le spese, il primo prezzo, vale a dire quello più basso, non si potrà più applicare, nemmeno all’olio extra Ue».
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LO STOP DEL MAROCCO
Non è un caso se alcuni Paesi produttori, come il Marocco, abbiano vietato all’inizio di ottobre l’esportazione di olive e di olio. La scarsità della materia prima accomuna tutti i produttori che si affacciano sul Mediterraneo. La tempesta dei prezzi al consumo per l’extravergine è attesa fra la fine dell’anno in corso e l’inizio del prossimo, quando le partite di olio nuovo transiteranno con una velocità mai vista dai magazzini agli impianti dei grandi imbottigliatori e le catene della grande distribuzione riceveranno dall’industria olearia richieste di revisione al rialzo dei listini con cadenza settimanale. Al vuotarsi dei magazzini i prezzi non possono che esplodere. Difficile, al momento, fare previsioni sul livello che possono raggiungere i cartellini al supermercato. Anche perché la qualità dell’olio è elevata. Sia in Italia sia in Spagna. Dunque oltre alla scarsità inciderà pure questo fattore. In compenso stanno arrivando sul mercato dei “mischioni” denominati “condimenti”, venduti a basso prezzo. Miscele fatte con olio di semi (tanto) e olio d’oliva (poco), presentati nelle classiche bottiglie dell’extravergine e con le stesse marche. «Sarà un problema», aggiunge Granieri, «perché è impossibile risalire alla percentuale di olio d’oliva che contengono. I produttori dovrebbero essere obbligati a indicare chiaramente in etichetta l’ingrediente primario, vale a dire l’olio di semi, in maniera da non confondere le idee ai consumatori».
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