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Inflazione, Lagarde non molla sui tassi: così le imprese restano a secco

Lagarde  

Benedetta Vitetta
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La lotta contro l’inflazione non è ancora finita. E quindi non è escluso che possano esserci nuovi rialzi dei tassi. Parola dei numeri uno delle principali banche centrali, Jerome Powell (Fed) e Christine Lagarde (Bce) che sono ritornati “falchi”. Infatti se, nelle scorse ore, il numero uno delle Federal Reserve americana ha ipotizzato che i tassi potrebbero dover salire, a una manciata di ore di distanza anche la presidente della Banca Centrale Europea ha appoggiato la tesi del collega spiegando che «l’inflazione della zona euro potrebbe aumentare nei prossimi mesi, ma i tassi della Bce mantenuti al livello attuale almeno per diversi trimestri potrebbero ancora riportare la crescita dei prezzi al 2%». L’obiettivo che ancora vede resta ancora il 205.
Dichiarazioni che hanno gelato i mercati che, dopo il calo dell’inflazione al 2,9% lo scorso settembre, già si aspettavano che la prossima mossa dell’Eurotower fosse un taglio dei tassi d’interesse già a partire dal mese di aprile. Ma la presidente della Bce ha avvertito che la rapida disinflazione potrebbe finire presto e la crescita dei prezzi potrebbe persino accelerare nel breve termine, poiché i prezzi elevati dell’energia vengono eliminati dai confronti anno su anno.

LA LOTTA NON SI FERMA
«Ci sarà una rinascita di numeri probabilmente più alti in futuro e dovremmo aspettarcelo» ha dichiarato la numero uno della Bce a un evento del Financial Times precisando che «anche se i prezzi dell'energia dovessero rimanere ragionevolmente stabili ora, perderemo l’effetto base nei mesi di gennaio e di febbraio. Siamo a un livello in cui crediamo che, se mantenuto abbastanza a lungo che ci porterà all’obiettivo del 2% a medio termine» ha detto. Alla domanda su cosa esattamente volesse intendere con la locuzione “abbastanza a lungo”, la presidente ha spiegato che non ci si dovrebbe aspettare alcun cambiamento nei «prossimi due trimestri». A ribadire la strategia della presidente della Bce, ci si è poi messo di mezzo pure il capo della banca centrale francese, Francois Villeroy de Galhau, che ha sottolineato che «non sono in arrivo ulteriori rialzi a meno che non ci siano nuovi shock, ma che, di certo, è troppo presto per discutere di tagli».

In questo clima di grande incertezza che per ora non sembra mostrare segnali positivi da qui ai prossimi mesi, con la produzione dell’industria che sta arretratrando, i tassi sui prestiti e sui mutui rimangono ancora molto alti ed è sempre più complicato accedervi. E così sia le famiglie sia le imprese fanno fatica ad andare avanti. A confermare questo scenario tutt’altro che rassicurante, sono i dati diffusi nelle scorse ore da Bankitalia nella pubblicazione “Banche e moneta; serie e nazionali” che evidenzia che nello scorso mese di settembre i prestiti al settore privato sono calati del 3,6% sui 12 mesi (-3,4% il dato precedente). I prestiti alle famiglie sono diminuti dello 0,9% (erano -0,6 nel mese precedente), mentre quelli alle società non finanziarie si sono ridotti del 6,7% (-6,2 nel mese precedente). In più i depositi del settore privato sono scesi del 3,5% (-5,4 in agosto) mentre la raccolta obbligazionaria è cresciuta del 18,4% (18,3 in agosto).

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