Btp, giù i rendimenti e lo spread: come sempre seguono il mercato
I mercati festeggiano lo stop ai rialzi dei tassi, anche perché giungono nuovi dati che segnalano il rallentamento dell’economia americana. Un fattore teoricamente negativo, ma che la pressione sui tassi trasforma in un evento positivo. I mercati, infatti, sono ormai convinti che la stretta creditizia imposta dalle banche centrali, nell'ultimo anno e mezzo sia arrivata al capolinea. La statistiche di ieri- questa la convinzione della maggior parte degli operatori - metteranno a tacere i falchi della Fed (e non solo) perché confermano il progressivo indebolimento della crescita. Si comincia con la retribuzione oraria aumentata negli States solo dello 0,2% mensile a 34 dollari, dopo un +0,3% rivisto al rialzo a settembre.
Anno su anno l'incremento è del 4,1% cioè il rialzo più basso da giugno 2021. Sempre a ottobre l’economia statunitense ha aggiunto 150mila posti di lavoro. Non solo la metà dei 297mila di settembre ma anche inferiori alle aspettative degli analisti che si aspettavano 180mila nuovi assunti. Infine il tasso di disoccupazione salito al 3,9% dal 3,8%, sui livelli di gennaio 2022. Le Borse festeggiano, proseguendo il mini rimbalzo scattato dopo la notte di Halloween. Milano guadagna lo 0,69% e Francoforte lo 0,35%. D’altronde per gli operatori finanziari la fine della stretta significa migliorare le condizioni dei prestiti. Il dollaro si deprezza nei confronti delle altre monete e i rendimenti del decennale americano scendono. Di conseguenza calano quelli europei: il Btp è sceso ieri al minimo da 2 mesi sotto il 4,5%, mentre il rendimento del Bund tedesco a dieci anni è salito al 2,6%. E la forbice con i nostri decennali si stringe. Lo spread ha chiuso ieri a 180,6 punti, in netto calo rispetto ai 190 di giovedì.
Vale la pena di ricordare che il differenziale Btp-Bund aveva toccato il picco di 200,76 punti venerdì 13 ottobre, esattamente tre settimane or sono. Dati che dimostrano come non ci sia affatto un caso Italia, dovuto al governo e alla sua manovra. Ma solo un andamento dei nostri titoli in linea con quello del mercato. La scommessa dei mercati è che la Banca centrale europea, dopo la pausa di novembre se ne prenda un’altra anche al direttivo di metà dicembre, prendendo in considerazione la possibilità di ridurre i tassi nei primi mesi del 2024. In questa direzione spinge innanzitutto il rallentamento della Germania. Dopo essere entrata ufficialmente in recessione la ex locomotiva d’Europa deve fare i conti con una disoccupazione balzata al 5,8% e un manifatturiero tuttora in forte contrazione.
Anche oltreoceano gli operatori scommettono ora su un possibile taglio dei tassi negli Usa addirittura già a marzo o con più probabilità a giugno. L’aumento della disoccupazione al 3,9% potrebbe innescare una recessione pure negli States, secondo la cosiddetta regola di Sahm, ideata dall'ex economista della Federal Reserve e ora editorialista di Bloomberg Claudia Sahm. E il presidente Biden non può permetterselo, con le elezioni presidenziali fra dodici mesi esatti. Finché i mercati ci credono l’andamento non può che essere positivo.