Sbarra, proposta Cisl: "I lavoratori diventino soci delle imprese"
È l’ennesimo caso emblematico e grave di un capitalismo a dir poco predatorio, senza un minimo di etica sociale, la chiusura dello stabilimento Magneti Marelli a Crevalcore. Parliamo di uno storico gruppo industriale oggi di proprietà della giapponese Calsonic Kansei - controllata dal fondo americano di private equity Kkr - che ha annunciato dalla sera alla mattina lo smantellamento di un impianto dove lavorano 229 persone. Un fatto inaccettabile. Hanno fatto bene i lavoratori a far sentire la loro voce, insieme ai sindacati dei metalmeccanici chiedendo al governo Meloni di scendere in campo per difendere non solo l’occupazione ma anche la continuità della produzione in questo stabilimento italiano.
DELOCALIZZAZIONI
È chiaro che la debolezza del nostro sistema industriale di fronte alla grande sfida della sostenibilità ambientale e digitale è sotto gli occhi di tutti. Ma tutto questo non può scaricarsi sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie. Anche per l’assenza di regole chiare sul piano europeo, sono ormai troppi i casi in Italia in cui tante multinazionali e fondi stranieri sfruttano i nostri marchi storici e poi delocalizzano all’estero la produzione, magari dopo aver incassato incentivi e contributi di Stato.
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Come si fa ad arginare questo declino industriale e produttivo del nostro Paese, come difendere occupazione e salari, rilanciando produttività e qualità? Non basta la solidarietà delle istituzioni e della politica. Noi pensiamo che la partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle imprese possa rappresentare una risposta efficace a questo tema spinoso delle delocalizzazioni e delle chiusure al buio delle aziende. Questa era l’intuizione dei “padri” della Costituente che nell’articolo 46 scrissero: «ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro ed in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende».
In Germania i rappresentanti eletti da tutti i lavoratori, iscritti o meno al sindacato, partecipano al board delle grandi e medie imprese, in posizione (quasi) paritaria con gli azionisti . Il lavoro come tale è rappresentato nei consigli di sorveglianza che definiscono le strategie delle imprese, nominano i manager, controllano il loro operato, votano contro le ipotesi di delocalizzazioni. È venuto il tempo di introdurre forme moderne di democrazia economica anche in Italia, riconoscendo ai lavoratori una funzione di indirizzo e controllo, di eguale protagonismo nelle scelte delle aziende private e pubbliche.
Sia chiaro: la Cisl non auspica imposizioni dall’alto per legge o con tentazioni dirigistiche. Noi vogliamo valorizzare lo strumento della contrattazione collettiva, come già avviene con successo in tante realtà industriali italiane, collegando sostegni economici e fiscali a soluzioni che diano protagonismo vero alle relazioni sindacali affinché i lavoratori possano co-determinare strategie e scelte delle imprese. La partecipazione dei lavoratori alla vita, agli utili e all’organizzazione delle imprese è una sfida che intercetta tutte le più importanti questioni, a cominciare da quella salariale, per continuare con la qualità e la stabilità del lavoro, la produttività, i controlli su salute e sicurezza, la sostenibilità sociale e l’applicazione dei contratti. Questa è la vera riforma istituzionale che serve al Paese. Il senso della proposta di legge di iniziativa popolare della Cisl sta in tali direttrici. Per questo saremo in mobilitazione su tutto il territorio nazionale fino a dicembre per raccogliere adesioni e comunicare a lavoratori, pensionati, cittadini i contenuti della nostra proposta.
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L’INIZIATIVA
Il 13 e 14 ottobre abbiamo programmato le “Giornate della partecipazione” nei luoghi di lavoro e nei territori, per spiegare le grandi potenzialità della nostra iniziativa. Stiamo registrando un sostegno forte delle persone ed importanti riconoscimenti anche da autorevoli espressioni del mondo dell’università, del giornalismo, delle istituzioni e delle imprese, senza dimenticare l’endorsement di una vasta area politica riformista. Chiunque guardi con interesse questo sentiero e contribuisca a diffonderne senso e valori non può che farci piacere. Ora è importante passare alla concretezza delle azioni, per dare gambe solide al progetto, in modo che i lavoratori possano esercitare maggiore ruolo nella governance dello sviluppo, secondo un modello di democrazia economica che dia finalmente compimento all’articolo 46 della Costituzione.