Spaghetti, prezzi fuori controllo: la stangata, ecco dove volano
Altro che calmierare il prezzo della pasta! I prezzi della materia prima tornano a impennarsi e promettono di tornare rapidamente ai valori di un anno fa.
Mentre le quotazioni all’ingrosso del grano duro erano scese a fine giugno attorno ai 302 euro la tonnellata dai 348 di aprile, è partita una sequenza di eventi destinata a far esplodere nuovamente i prezzi all’origine. Scesi per altro quasi al di sotto dei costi di produzione. Innanzitutto il raccolto italiano di frumento non è stato dei migliori. Secondo le stime si è verificato un calo delle rese dal 10 al 20 per cento ed è bastato questo primo dato a frenare il calo dei corsi. Ma la vera doccia fredda per il mercato è rappresentata dallo stop deciso da Putin alle esportazioni di cereali dall’Ucraina. Noi importiamo molto mais da Kiev ma poco frumento. Il guaio è che vi sono Paesi, soprattutto in Africa e Medio Oriente, che sono totalmente dipendenti dal grano ucraino. E le quotazioni internazionali hanno subito fatto un balzo verso l’alto.
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Il terzo fattore a incidere negativamente è rappresentato dalle pessime notizie in arrivo dal Canada, fra i maggiori esportatori mondiali. Contrariamente alle previsioni i raccolti canadesi stanno risentendo della prolungata siccità. Secondo i dati diffusi dal Saskatchewan, si rischia il secondo peggior raccolto della storia recente del Paese. Gli acquirenti italiani sono fra i migliori pagatori, dunque non ci sarà, almeno per noi, un problema di penuria.
Quanto di prezzo: le quotazioni sulle Borse merci d’Oltreoceano sono già rimbalzate del 10%. E gli analisti prevedono entro inizio autunno ulteriori rincari nell’ordine dei 20 punti percentuali.
L’ALLARME DEI CONSUMATORI
A lanciare l’allarme, da noi, è stata l’Assoutenti. «Torna l’incubo dei rialzi dei prezzi per pane, pasta e derivati», spiega l’associazione dei consumatori in una nota, e gli aumenti dei listini raccontano quotazioni che potrebbero arrivare a «un +10% sul prezzo medio del pane a quota 4,30 euro al chilogrammo», mentre la pasta sembra destinata a risalire mediamente attorno ai 2,29 euro al chilo. Oggi costano in media rispettivamente 3,90 e 2,09 euro. Ma a rincarare nuovamente non saranno soltanto i maccheroni e le michette. Sono attesi aumenti generalizzati pure su tutti i prodotti da forno: biscotti, gallette cracker, dolci. Sempre secondo l’Assoutenti l’insieme di questi rincari sarà comunque avvertibile dalle famiglie italiane. Un nucleo composto da quattro persone - padre, madre e due figli spende circa 1.320 euro all’anno per pane, pasta e derivati dei cereali. Un aumento dei listini contenuto nel 10% significherebbe una spesa aggiuntiva di 130 euro l’anno. Ma a meno di un miracolo il rincaro della materia prima rischia di collocarsi ben sopra i 10 punti percentuali.
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Fra l’altro le tensioni internazionali hanno già fatto ripartire le speculazioni sulle borse merci di tutto il mondo. Un fenomeno ben noto sui mercati delle materie prime. Coltivare la speranza di incidere su questi anelli della catena degli approvvigionamenti è fanciullesco. L’unica alternativa conosciuta è quella di incrementare gli accordi di filiera fra produttori di materie prime agricole - in questo caso i cereali - e trasformatori, vale a dire l’industria della pasta e dei prodotti da forno. Ma per avere buone speranze di evitare per lo meno i picchi di prezzo più accentuati, dovremmo perseguire con intensità crescente l’obiettivo di raggiungere la sovranità alimentare almeno per le materie prime critiche. Ogniqualvolta un pastaio si affaccia ai mercati mondiali per approvvigionarsi di grano duro, si espone in pieno alle speculazioni in corso in quel dato momento. Pretendere poi che abbassi i prezzi di spaghetti, fusilli e penne è una pia illusione che può generare equivoci insidiosi.