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Bce, altro rialzo dei tassi? Ma i prezzi sono in picchiata

Benedetta Vitetta
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L’esultanza del numero uno della Casa Bianca, Joe Biden, parla da sola. E mostra che il dato diffuso ieri sull’inflazione a stelle e strisce era sì nell’aria ma non fino a quel punto visto che è scesa addirittura oltre le attese. Un ottimo lavoro quello portato avanti dai vertici Fed, ma ora l’attenzione si concentra su quel che deciderà di fare l’Eurotower - in particolare la presidente Chiristne Lagarde - che, con un po’ di ritardo, ha seguito pedissequamente i passi della Banca Centrale americana, ma incassando ben pochi risultati se non quelli di affamare milioni di europei.

Se è ormai scontato che la Bce a luglio alzerà di nuovo i tassi, pensare di proseguire nella stretta monetaria sarebbe una follia... Ma torniamo all’euforia del presidente Biden che ieri commentando il rallentamento dei prezzi al consumo ha detto che «gli ultimi dati portano nuove e incoraggianti prove del fatto che l’inflazione sta diminuendo mentre l’economia rimane forte». Per il capo della Casa Bianca l’inflazione «è diminuita in ciascuno degli ultimi 12 mesi e ora è scesa al 3%. Abbiamo compiuto questi progressi mentre la disoccupazione resta vicina ai minimi storici e ora c’è una percentuale più alta di americani in età lavorativa con un’occupazione rispetto agli ultimi 20 anni. Buoni posti di lavoro e costi inferiori: è la “Bidenomics” in azione» ha aggiunto Biden usando il neologismo per definire la sua politica economica.

 

 

 

A conti fatti in soli 12 mesi l’inflazione americana è scesa al 3%, rispetto al picco del 9,1% di esattamente un anno fa. L’indice dei prezzi al consumo, a giugno, è infatti salito del 3% rallentando nettamente rispetto al +4% registrato nel mese di maggio. Si tratta del livello più basso dal mese di marzo del 2021. E il positivo dato ha immediatamente riacceso sul mercato la speranza che ora la Federal Reserve possa terminare il suo ciclo rialzista sui tassi che ha dato buoni frutti. L’appuntamento è rinviato al 26 luglio quando i vertici Fed dovranno decidere se riprendere o meno la stretta al costo del denaro interrotta in occasione dell’ultimo direttivo. Ma nonostante il netto calo di giugno, in molti ipotizzano che la discesa non sia sufficiente a convincere la maggior parte dei componenti della Fed a interrompere definitivamente la stretta monetaria.

Il timore, infatti, è che cambiando rotta così rapidamente, si possa poi- altrettanto rapidamente- ricadere nel medesimo errore. È probabile quindi che si decida un nuovo rialzo di 0,25 punti base, ma che quello di luglio sia l’ultimo rialzo del 2023. Nel frattempo, ieri sull’onda della notizia le piazze finanziarie d’Oltreoceano hanno festeggiato così come quelle del Vecchio Continente. In particolare Piazza Affari ha archiviato la seduta sui nuovi massimi dell’anno, livelli che non si vedevano dal settembre 2008. Il Ftse Mib ha terminato in progresso dell’1,75%, a 28.552 punti. Lo spread è calato a 172 punti (dai 177 della vigilia) e il rendimento dei Btp a dieci anni si è attestato al 4,27% (dal 4,41%). E ora l’Europa è abbastanza convinta che la frenata dell’inflazione Usa porti a una possibile revisione della politica monetaria Usa cosa che potrebbe aprire spiragli per una politica monetaria meno restrittiva anche per il Vecchio Continente. Dato ormai per sicuro il rialzo di fine luglio, già sulla nuova stretta ipotizzata per il mese di settembre ci sono meno certezze. Visto soprattutto che in vari Paesi l’inflazione, seppur lentamente, sta calando. Sotto il 2% è già tornata non solo la Spagna, ma anche il Belgio e il Lussemburgo, e in Italia, Francia, Olanda e Portogallo il tasso è comunque in netto calo. In controtendenza viaggia solo la Germania dove, invece, cresce ancora.

 

 

 

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