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Bce, bomba sull'Italia: ecco come vogliono rovinarci

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Michele Zaccardi
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«Non si può non considerare il rischio che l’aumento costante dei tassi sia una cura più dannosa della malattia». A poco più di una settimana di distanza, le critiche mosse dalla premier, Giorgia Meloni, all’operato della Banca centrale europea hanno trovato conferma nei dati: alla fine del secondo trimestre, la manifattura italiana ha registrato il peggiore calo della produzione dal culmine della crisi pandemica nel 2020. 

Secondo Tariq Kamal Chaudhry, economista di Hamburg Commercial Bank, «la ragione principale della debolezza di questo settore ad alta intensità di capitale è probabilmente il notevole aumento dei costi di finanziamento conseguente all’impennata dei tassi d’interesse della Bce». Con la Germania già in recessione, il rischio che l’intransigente lotta all’inflazione portata avanti da Francoforte metta in difficoltà pure la nostra economia si fa dunque sempre più concreto. A giugno, l’indice Hcob Pmi di Standard and Poor’s per il manifatturiero italiano, che sintetizza le previsioni dei responsabili acquisti delle aziende, è calato a 43,8 punti (un valore sotto 50 indica una contrazione dell’attività economica) dai 45,9 di maggio. L’indicatore ha segnato il più drastico peggioramento delle condizioni operative delle imprese dall’aprile del 2020. A incidere sono stati in particolare la netta discesa dei nuovi ordini e la riduzione degli acquisti delle aziende, tornati ai valori del 2020.

 


La produzione si è invece contratta al ritmo più forte da tre anni a questa parte, mentre le vendite sono al minimo da otto mesi. Stando alle aziende intervistate, i motivi vanno ricercati in una domanda asfittica, compressa all’interno dall’elevata inflazione e all’esterno dalla dinamica delle esportazioni, che sono calate per il terzo mese di fila. In Europa la situazione è persino peggiore. L’indice Hcob Pmi per la manifattura europea è stato rivisto al ribasso a 43,4 punti a giugno dalla stima preliminare di 43,6. Si tratta del maggiore deterioramento della salute del settore dal maggio 2020. La produzione ha registrato la contrazione più pesante dall’ottobre dell’anno scorso, mentre il calo dei nuovi ordini è stato il più rapido da otto mesi.
Al contrario che in Italia, poi, in Europa l’occupazione inizia a dare segni di cedimento. Per la prima volta da gennaio 2021, infatti, i livelli di personale in fabbrica sono stati ridotti. Inoltre, gli acquisti di beni e servizi utilizzati nei processi produttivi hanno messo a segno uno dei cali più rapidi in 26 anni. Insomma, la stretta monetaria comincia a pesare sull’economia europea, ma nonostante il moltiplicarsi dei segnali di debolezza, la Germania continua a spingere per ulteriori rialzi dei tassi. Parlando al vertice Euro Finance di Francoforte, Joachim Nagel, governatore della Bundesbank, ha ribadito che la priorità della Bce deve rimanere la stabilità dei prezzi. «Sebbene l’inflazione nell’area dell’euro sia in calo, è ancora troppo elevata» ha detto il falco tedesco. «L’inflazione si sta dimostrando più ostinata di quanto molti pensassero. Ora la politica monetaria deve dimostrarsi più dura e coerente di quanto molti si aspettassero». Una svolta nella strategia della Bce appare ancora lontana. 

 

 

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