Fabio Fazio "spedito" fuori dalla Rai: il piano
Il dottor Carlo Fuortes si dimette dal ruolo infiammabile di amministratore delegato Rai; scarica sul suo Cda e sulla politica la «mancanza delle condizioni per proseguire»; e, forte dei suoi «risultati», come il Piccolo Principe di Saint Exupery, accetterebbe il nuovo posto di sovrintendente del San Carlo di Napoli volando sopra la cattiveria degli uomini. I quali hanno varato una legge ad hoc per occupare fascistamente il Cavallo morente. Questa la narrazione che accompagna l’odierna dipartita dell’ad di Viale Mazzini. Una prece.
Ma se la narrazione fosse diversa? Se fosse stato Fuortes stesso, invischiato nel suo immobilismo, a cercare una soluzione anzitempo ad una situazione che lo vedeva disperato: indebitamento ai massimi, latitanza del piano industriale e del contratto di servizio, palinsesti e contratti bloccati e banche che stavano chiudendo i rubinetti? E se fosse stato Fuortes -in accordo con la maggioranza di governo che non riflette più la maggioranza Rai – a spingere per andarsene prima dello scoppio del bubbone, «purché mi troviate voi un posto»? Ipotesi affascinante.
Ma, al di là, delle accuse di lottizzazione (la più audace quella di Conte: aveva ottenuto l’ad Rai Salini e si lamentò, di fatto, di non avere occupato abbastanza poltrone) nel regno storico della lottizzazione, be’, la suddetta potrebbe essere la vera verità. «Guarda, Meloni non ha mosso un muscolo per spingere Fuortes alle dimissioni. Ha vinto le elezioni senza avere la Rai amica, senza neppure un consigliere d’amministrazione, non ha proprio intenzione di metterci la testa ma dovrebbe...”, ci suggeriscono vecchie volpi al settimo piano di viale Mazzini.
IL FALLIMENTO DI DRAGHI
Certo, ora che Fuortes, il vero fallimento di Mario Draghi, un posto –sulla carta, salvo probabili contenziosi- ce l’ha, disvela tutto il suo tenero sconforto. Eppure ci sono altre verità che emergono a letture attente degli arabescati equilibri Rai. È vero che l’ad uscente non ha voluto lo stipendio conteggiato fino a fine anno, ma l’aveva ufficiosamente richiesto. Vero anche che la sua postura da ultimo giapponese attaccato alla poltrona è curiosamente mutata nel week end.
Tra venerdi e sabato perfino gli anchorman più “amici”, da Formigli a Santoro a Travaglio sul Fatto avevano cominciato a mollarlo. Peter Gomez l’aveva perfino apostrofato aguzza mente «l’anima bella»; e qualcuno gli ha fatto notare che, a tirare troppo la corda dello scontento, be’, difficilmente avrebbe trovato posti liberi in futuro. Sicché lunedì ecco la sua bella lettera di dimissioni. Scritta anche perché, avendo il cda numericamente contro (compreso il M5S che si è così assicurata una direzione per il suo uomo Carboni), Fuortes non avrebbe potuto fare altrimenti. Ora, domani il ministro Giorgetti dovrebbe avviare l’iter di nomina del nuovo ad Roberto Sergio; ossia del democristiano striato di melonismo che in tandem con Giampaolo Rossi dovrebbe «avviare una lenta rivoluzione Rai a cominciare dai palinsesti e delle nomine di tre controllate Cinema, Com e pubblicità, oltre a quelle dei direttori (molti confermati)».
SORPRESE E CONFERME
Dopodiché, dal 14 maggio, il cda riformato riaccenderà la macchina della tv di Stato. Molte saranno le conferme e –pare- molte le soprese anche tra le celebrities. Tra le conferme Fiorello che si vorrebbe spostare su Raiuno «com’è naturale»; e Amadeus che rifarà Sanremo e che non verrà «dimezzato» anzi guai a chi lo tocca. Tra le sorprese, il contratto di Fabio Fazio che è in scadenza. «A giugno decideremo se varrà la pena per i costi/benefici», ci dicono dai corridoi «sappiamo che Fazio ha un’offerta per Discovery (il Nove). Certo, non è escluso che lo si tolga dall’informazione e lo si faccia tornare all’intrattenimento, magari del sabato sera. Fazio, essendo fazioso, per il consesso giornalistico non va bene mentre se a Che tempo che fa, tentasse nuove strade come ai bei tempi del Rischiatutto potrebbe essere un vantaggio per tutti. E Fuortes? Il suo destino è fondamentalmente nelle mani del sindaco di Napoli Manfredi e del Presidente della Campania De Luca; se la sinistra lo volesse salvare dai conteziosi e volesse lasciargli il posto a teatro, ne ha facoltà...