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Caldaie, l'Ue cambia tutto: ecco quelle che spariranno per sempre

Pietro De Leo
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 Potevano bastare i guai in gestazione sulle case green e sullo stop ai motori endotermici? No, adesso dall’Europa arriva un’altra tagliola, rigorosamente nel sentiero di quella transizione assai distruttiva per le tasche di consumatori, utenti, imprese. Si tratta di una stretta sulle caldaie a partire dal 1 settembre del 2029. Il Sole 24 Ore, l’altro ieri, ha dato ampia spiegazione alla cosa. Si tratta di questo: c’è un regolamento in gestazione, l’ Ecodesign che sarà analizzato in un momento di confronto tra la Commissione Europea e i “portatori d’interessi” la settimana prossima. Questo sarà un passaggio del percorso per redigere la normativa finale, che dovrebbe nascere entro quest’anno, per essere pubblicato nel 2024.
Ebbene, questo regolamento andrebbe a fissare un “requisito di efficienza stagionale” per immettere le caldaie sul mercato, pari al 115%. Al di là dei rilievi tecnici, basta sapere che sarebbe esclusa qualsiasi tipo di caldaia attualmente commercializzata. Sarebbero bloccate, quindi, scrive Il Sole 24 Ore, «anche le caldaie alimentate con gas rinnovabili: sul mercato, italiano ed europeo, sono già presenti caldaie pronte a lavorare con miscele di idrogeno al 20% o con bio-metano al 100».

 

 


Addirittura, questo regolamento sarebbe ancor più restrittivo della disciplina sulle “case green”, che comunque faceva salve le caldaie alimentate con “combustibili rinnovabili”, come il biometano o l’idrogeno. Secondo Assotermica, sigla che raccoglie le aziende del comparto di impianti termici, in Italia ci sono 19 milione di caldaie (1,1 milioni installate soltanto lo scorso anno). E il mondo produttivo, comprensibilmente, protesta. Proprio Assotermica, insieme ad altre sigle associative che racchiudono vari settori interessati al tema (da Proxigas, imprese della filiera del gas naturale, ad Assogasliquidi, associazione di Federchimica che riunisce le imprese dei gas liquefatti, e ancora Federcostruzioni, Ance ed Applia Italia) hanno redatto una nota congiunta che definisce bene l’allarme. «Nel merito», scrivono, «pur condividendo gli obiettivi di riduzione delle emissioni e l’importanza di un impegno comune a livello europeo per realizzare i target ambientali, esprimiamo forti perplessità rispetto all’approccio adottato nel declinarli a livello legislativo». E aggiungono: «L’approccio è basato su divieti che non tengono conto delle prospettive di sviluppo delle tecnologie e dei vettori energetici e, soprattutto, non considerano le specificità dei singoli Stati Membri». Per l’Italia in particolare «si prospettano ricadute sulla competività dell’industria, sulla sostenibilità sociale per le famiglie, sulla stabilità e sulla resilienza del sistema energetico. Criticità che rischiano di compromettere anche l’attuazione concreta del percorso di decarbonizzazione e che richiedono un’attenzione specifica delle nostre istituzioni per modificare sostanzialmente l’approccio della nuova regolamentazione».

 

 


DIRETTIVA CAPESTRO
Reazioni, poi, arrivano anche dal mondo politico. La deputata di Forza Italia Erica Mazzetti denuncia che il requisito di efficienza composto nel regolamento costituisce nei fatti «un blocco alla produzione e alla vendita e mette in seria difficoltà i cittadini, che spesso hanno già acquistato caldaie più efficienti o con miscele meno inquinanti, e tutta la filiera italiana delle costruzioni, degli impianti e dei componenti, di cui siamo leader». E aggiunge: «Non soddisfatta della direttiva per le case green, già esageratamente stringente e che ci impegniamo a rivedere, l’Europa ha pensato bene di sfornare un’altra norma inutile e costrittiva che danneggia in primis il nostro Paese». Insomma, copione già visto: l’Eldorado gretista ostinatamente inseguito dalla Commissione guidata da Ursula Von der Leyen passa per la macelleria sociale a danno dei cittadini e delle imprese, in particolare quelli italiani considerando la specificità della nostra economia. 

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