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Cgil e Landini "sfasciano" l'Italia: sette giorni di fuoco

Alessandro Gonzato
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C’è un marziano rosso che promette di bloccare e sfasciare l’Italia, Maurizio Landini, segretario della Cgil, anni 62 che da 30 ha appeso la tuta da saldatore al chiodo, ché a fare il dirigente nei sindacati si faticava meno. Eppure l’uomo di Castelnovo ne’ Monti dice a La Stampa che sono gli altri, quelli al governo, «a non aver mai lavorato», perché «la logica del codice degli appalti fa tornare indietro il Paese», «la manovra di dicembre aggrava i problemi reali», perché «è sempre più urgente aumentare le retribuzioni», «il 90% delle morti sul lavoro avviene nei subappalti» e avanti così, e vien da chiedersi allora che risultati possa rivendicare in tutti questi anni il Landini se i lavoratori italiani secondo lui sono messi come il Venezuela di Maduro, sindacalista e comunista pure lui.

 

 

Landini però non se lo chiede, anzi, rilancia: «A maggio scatterà la mobilitazione», tuona, «ogni settimana ci sarà una grande manifestazione: il 6 maggio a Bologna, il 13 a Milano, il 20 a Napoli, ed è chiaro che non ci fermeremo lì, andremo avanti finché non avremo ottenuto quello che chiediamo». Cosa non è chiaro, dato che nel calderone butta un po’ di tutto e gli resta solo la fame nel mondo da imputare a Giorgia Meloni.


LA MOBILITAZIONE
C’è un’Italia a due velocità: quella che pur a fatica tenta di ingranare se non la quarta almeno la terza e quella dei Landini la cui retromarcia è ideologicamente inserita. «Abbiamo costruito con Cisl e Uil un piano di mobilitazione», spiega chi dal 2010 al 2017 ha guidato la Fiom e dal 2019 capeggia la Cgil. Per Landini evidentemente gli stipendi dei lavoratori non erano un gran problema fino all’insediamento del governo “delle destre”, così come le tragedie nelle fabbriche, idem per gli appalti e il resto. Non ci ricordiamo questa grinta quando al governo c’erano Letta, Renzi, Gentiloni, il Conte Pd-5Stelle e alla Fiom-Cgil c’era già lui. «È singolare», commenta a Libero Lucio Malan, capo dei senatori di Fdi, «che Landini se la prenda col governo che ha aumentato le pensioni, tagliato il cuneo fiscale, creato 100mila posti di lavoro negli ultimi 2 mesi e contribuito a far tornare la bolletta del gas ai livelli pre-guerra. Strano che Landini si accorga solo ora che è da trent’anni che le retribuzioni italiane crescono meno rispetto alle altre. Detto questo», aggiunge Malan, «decideranno i lavoratori se perdere giorni di stipendio per scioperare.

 

 


Spero che la sinistra non voglia ottenere dalle piazze quello che non ha ottenuto alle elezioni». Ma chi sfascia l’Italia non è solo Landini, il quale gode di validi compagni. Nicola Fratoianni leader di Sinistra Italiana dichiara che «il Ponte sullo Stretto lo contrasteremo anche da soli, non faremo passi indietro, se ne facciano una ragione». Angelo Bonelli con Fratoianni è il padre putativo di Soumahoro. E Bonelli ha annunciato che è pronto a fermare il Ponte con un esposto alla Corte dei Conti: «Abbiamo chiesto un incontro alla commissaria Ue per i Trasporti per spiegare la modalità inaccettabile del governo. Siamo di fronte a un luogo che dev’essere preservato e presenteremo una proposta di legge, vogliamo che venga istituito un parco nazionale dello Stretto».

Bonelli vuole bloccare lo sviluppo del Sud. Beppe Grillo è invece tornato a opporsi al nucleare: «Passiamo all’atomo perché così facciamo a meno del gas di Putin? Sbagliatissimo. L’industria nucleare russa ha una dominanza enorme sul mercato e non ha ricevuto sanzioni. È una dipendenza pericolosissima». La Cgil scaldai motori e il Pd è pronto a salire a bordo. Il tempo che la Schlein si riprenda dal duro lavoro delle primarie («non mi sono fermata dal 26 febbraio...») e per le “politiche migratorie” protesterà il responsabile di settore Pierfrancesco Majorino (sic) e per il “lavoro” Maria Cecilia Guerra, appena nominati nella segreteria Pd. La Guerra, paladina rossa del reddito di cittadinanza nemico del lavoro.

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