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Carburante, il pieno agli italiani costa 200 euro

Antonio Castro
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Un pieno di carburante e-fuels (70 litri) nel 2030 potrebbe arrivare a costare 200 euro quando sarà finita la sperimentazione e si passerà alla produzione industriale. Già oggi riempire lo stesso serbatoio di biodiesel costa all’incirca 133 euro se si sceglie HVOlution già disponibile in via sperimentale in uno dei 50 distributori del Cane a Sei zampe (150 impianti entro fine marzo). La nuova nafta è compatibile con i motori Euro 5 e Euro 6 e quindi già si escludono tutti i veicoli più datati, ma questo è ormai inevitabile. Se la ricerca non farà balzi in avanti (abbattendo i costi) gli automobilisti nel 2035 dovranno dire addio ai carburanti tradizionali. E fare i conti con i maggiori costi. Una bella mazzata. Che riporta terra terra tutto l’altissimo dibattito politico-ambientalista sulla svolta green decisa ieri a Bruxelles. E tutto questo a valori energetici correnti visto che la produzione dei carburanti del futuro fa affidamento (soprattutto per l’e-fuels) su imponenti consumi di energia. Produzione che dovrà avvenire - per la Commissione europea - utilizzando unicamente fonti sostenibili.

 

 


FONTI RINNOVABILI
Ieri il Consiglio Energia europeo ha adottato definitivamente l’accordo politico raggiunto con gli Stati per il regolamento sulle emissioni Co2 per le nuove auto. Intesa che prevede, tra l’altro, proprio lo stop all’immatricolazione di nuovi veicoli con motori diesel e benzina dal 2035. Da Berlino hanno fatto salti mortali per proseguire a far immatricolare le auto alimentate con carburanti sintetici (e-fuels) pure dopo il 2035. E così - salvo cambiamenti che potranno saltare fuori ma ormai solo dopo le elezioni europee del 2024 e a seconda dell’orientamento di maggioranza che avrà il prossimo Parlamento Ue e quindi la relativa Commissione - la Germania è riuscita a far passare il regolamento che favorisce gli e-fuels a scapito del biocarburante (su cui aveva, invece, scommesso l’Italia). Modesto dettaglio: è vero che l’e-fuels teutonico ha un impatto ambientale pari a “0”. Però bisogna tener conto che per produrlo serve una mostruosa quantità di energia. Energia rinnovabile che servirà per scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno e la successiva combinazione dell’idrogeno con l’anidride carbonica catturata dall’atmosfera. Non tralasciando poi il dettaglio - tanto più in tempi di diffusa siccità- che per ogni litro di e-fuel prodotto servono un paio di litri di acqua da sintetizzare.

 

 


Altro particolare: se è vero che gli e-fuel sono carburanti di origine sintetica a emissioni zero, i biocarburanti consentono un riciclo di scarti che altrimenti bisognerebbe smaltire in altro modo. Gasolio ottenuto trasformando prodotti da residui agricoli, rifiuti o oli usati. Insomma, tutte materie prime di scarto e residui vegetali che non entrano in competizione con la filiera alimentare. A seconda dei procedimenti, questo tipo di carburante consente un potenziale abbattimento di anidride carbonica che va dall’80 al 100%. Il nostro Paese ha sviluppato tutta una filiera per produrre il biocarburante. Oggi sono 5 gli impianti di produzione: 3 dell’Eni, uno del gruppo Caviro e uno del gruppo Bertolino. Il consumo di questi carburanti di “risulta” del 2021 ammontava a 1,7 milioni di tonnellate. E possono essere prodotti con mais, soia, colza, girasole, olii vegetali di origine industriale, scarti della lavorazione del legno o concimi di origine animale. L’Unione europea non ammette (per il momento) l’utilizzo dei biocarburanti perché li considera “non a impatto zero”.

Però i risultati dei primi studi sull’impatto dell’e-fuel fanno già storcere il naso ad alcune Ong ambientaliste. Nei fatti «i processi industriali sono ancora in fase pilota, la loro produzione e costosa e ce ne saranno relativamente pochi», ha anticipato Nicolas Dore, dell’Agenzia per la transizione ecologica (Ademe). Cominciamo ad allenarci a muoverci con i mezzi pubblici, in bicicletta o rispolveriamo i calessi perché tra il costo dei mezzi Euro 7 e il pieno di avveniristici carburanti sarà più conveniente farne a meno. Poi magari la tecnologia farà balzi in avanti. E allora potremmo tornare a guidare in massa. 

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