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Banche, la bomba tedesca pronta ad esplodere: i 4 istituti a rischio

Michele Zaccardi
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Mentre il contagio finanziario innescato dal fallimento di Silicon Valley Bank si estende agli istituti di credito europei, con l’indice del settore che ieri ha perso il 2,6%, l’Europa potrebbe trovarsi a fare i conti, di nuovo, con le difficoltà delle banche tedesche. Questa volta a scricchiolare non sono i grandi colossi come Deutsche Bank o Commerzbank, ricapitalizzata da Berlino nel 2009, ma le casse di risparmio (sparkasse) e le cooperative. Si tratta di istituti di credito locali che, nonostante le piccole dimensioni, contano per più della metà dei prestiti totali concessi in Germania.

 

 


E che, soprattutto, non sono soggetti ai rigorosi controlli della Vigilanza Ue. Se dovessero iniziare a cedere, gli effetti sul sistema bancario potrebbero essere molto più dirompenti rispetto a quelli che si sono verificati negli ultimi giorni in seguito alle difficoltà di Credit Suisse, anche per le maggiori interconnessioni con il resto dell’economia europea. Come emerge da un’analisi dell’agenzia di rating Usa, Dbrs Morningstar, nel 2022 i piccoli istituti di credito tedeschi hanno subito svalutazioni sostanziose nel loro portafoglio obbligazionario. Esattamente quanto successo alla californiana Svb. Il meccanismo all’opera è lo stesso: i titoli detenuti, in seguito al rialzo dei tassi, si sono deprezzati, dal momento che offrono interessi meno attraenti rispetto ai bond di nuova emissione. Di quanto? Stando ai calcoli di Dbrs su un portafoglio obbligazionario di 284,8 miliardi di euro, le perdite registrate, valutando i bond ai valori di mercato e non al costo storico, sono state pari a 7,9 miliardi per le sparkassen (-2,8%) e a 5,8 miliardi perle banche cooperative.

 

 


L’esercizio della società di rating si concentra anche sull’impatto delle svalutazioni sui requisiti patrimoniali. Per le casse di risparmio, il Tier 1 (il rapporto tra mezzi propri e l’attivo ponderato per il rischio) scenderebbe dal 15,7% effettivamente registrato nel 2022 al 14,8%, mentre per le cooperative dal 15,3% al 14,4%. Non tanto, certo. Ma, visto il nervosismo che si respira negli ultimi giorni, basta poco per innescare la classica corsa agli sportelli. E in quel caso la vendita in massa di titoli per rimborsare i depositanti ne farebbe crollare i prezzi.


DEPREZZAMENTI
Va detto che gli analisti della società di rating sottolineano che i risultati del 2022, gonfiati dall’aumento del margine di interesse pari a 21 miliardi per le casse di risparmio e a 17,7 miliardi per le cooperative, hanno compensato i deprezzamenti dei bond detenuti. Questo ha consentito agli istituti di credito locali, controllati dalle regioni e dalle province, di «assorbire le svalutazioni mantenendo dei forti coefficienti di capitale». Tuttavia, gli utili hanno lasciato a desiderare. In un anno d’oro per le banche di tutto il mondo, che hanno beneficiato dei sostanziosi rialzi dei tassi varati dalle autorità monetarie, le banche tedesche hanno riportato risultati deludenti, addirittura peggiori rispetto al 2021. Gli utili netti rettificati delle casse di risparmio si sono attestati a quota 1,3 miliardi contro i 5 miliardi dell’anno prima, mentre quelli delle cooperative a 3,1 miliardi, in discesa rispetto ai 5,7 del 2021. Inoltre, col passare del tempo, il margine di interesse si fa sempre più magro.

«Finora il deposit beta (ovvero la crescita della remunerazione dei conti correnti, ndr) è stato basso, tuttavia, se la pressione competitiva per riprezzare i depositi dovesse aumentare» scrivono gli analisti di Dbrs, «il beneficio di tassi più elevati potrebbe svanire». Non solo. Le casse di risparmio e le cooperative sono particolarmente esposte al “rischio di interesse”: in altre parole, eventuali rialzi o ribassi dei tassi possono avere effetti molto pesanti. Questo perché, si legge nell’analisi di Dbrs, «gli attivi a lungo termine sono finanziati con passività a breve e le strategie di copertura finanziaria non sono molto diffuse tra le banche di piccole dimensioni». 

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