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Bce imbottita di perdite, l'allarme: quanto dovremo pagare

Michele Zaccardi
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I rialzi dei tassi d’interesse decisi dalla Bce hanno avuto un effetto collaterale: mandare in rosso le banche centrali nazionali. L’ammontare esatto delle perdite si saprà soltanto quando verranno pubblicati i bilanci relativi al 2022 delle singole istituzioni, ma qualche dettaglio in più si potrà desumere dai risultati annuali che la Bce comunicherà giovedì prossimo. Dai saldi contenuti in quel documento si capirà infatti se Francoforte ha registrato un passivo l’anno scorso. E se i singoli Stati saranno chiamati a ripianare il buco. Ipotesi remota, certo, ma non del tutto peregrina. Lo statuto della Bce prevede infatti chele perdite, come gli utili, vengano ripartiti tra le banche centrali nazionali in proporzione alla quota di capitale detenuta (per l’Italia il 13,8%).

 

LONDRA HA GIÀ SBORSATO
Altrove, d’altra parte, è già successo: di recente Londra ha staccato un assegno da 13,2 miliardi di sterline a favore della Bank of England. «I risultati diventeranno negativi per molte banche già nel 2022, a causa della mancata corrispondenza dei tassi di interesse su attività e passività», ha spiegato in un’intervista il governatore portoghese, Mario Centeno. «Ora ci finanziamo a tassi di interesse più elevati, che non corrispondono al rendimento delle obbligazioni nel bilancio». Un divario, quello tra attività e passività che, in seguito ai rialzi dei tassi, si è progressivamente allargato e che, combinato con le politiche monetarie ultra-espansive portate avanti a partire dal 2014, ha creato una miscela esplosiva.



I diversi programmi di acquisto di titoli con cui la Bce ha inondato di liquidità il mercato ne hanno infatti gonfiato il bilancio. Al momento, Francoforte ha in pancia obbligazioni, principalmente governative, per 4.942 miliardi di euro. Gran parte di questa liquidità, 4.135 miliardi di euro, è parcheggiata presso i conti della stessa Bce, o meglio, delle singole banche centrali nazionali. Finché i tassi erano a zero, non è stato un problema. Ora che quello sui depositi è al 2,5%, questa liquidità va remunerata. Il punto è che i titoli acquistati con le manovre di quantitative easing sono a cedola fissa e, calcola l’economista Daniel Gros, rendono in media lo 0,5%. Troppo poco per far fronte ai pagamenti. La più colpita sarà la Bundesbank che, su mandato della Bce, negli scorsi anni si è imbottita dei sicuri ma poco redditizi Bund.


Come riporta Bloomberg, mentre nel 2022 le perdite saranno esigue, durante l’anno in corso la banca centrale tedesca potrebbe registrare un rosso di 26 miliardi di euro. Di conseguenza verranno cancellati dal bilancio i 20 miliardi di euro accantonati a garanzia delle perdite e i 5 miliardi imputati a capitale e riserve. Per questo Gros ritiene probabile che, entro la fine dell’anno, la Bundesbank chieda a Berlino di ripianare il buco. Sebbene non in misura tale da azzerare il capitale, anche le altre banche centrali registreranno delle perdite nel corso del 2023. Banque de France dovrebbe finire in rosso per 17 miliardi di euro, Bankitalia di 9 miliardi e la Nederlandsche Bank di 5 miliardi. Del resto, già a settembre scorso il governatore olandese, Klaas Knot, aveva avvertito il suo governo della possibilità di registrare «perdite cumulative considerevoli», aggiungendo che, «in un caso estremo, potrebbe essere necessario un sostegno in conto capitale» da parte dei contribuenti. Va detto che le banche centrali nazionali dispongono in totale di un cuscinetto, tra capitale e riserve, di 229 miliardi di euro, che dovrebbe essere sufficiente, nella maggior parte dei casi, ad assorbire le perdite senza che si renda necessario il soccorso statale. 

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