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Tasse sulle multinazionali: passo avanti nella lotta contro ingiustizie e disuguaglianze. L’analisi di Andrea Pasini

giovedì 29 dicembre 2022

2' di lettura

Equità fiscale. Una parola tanto importante quanto fonte di grattacapi per l’Unione Europea. Lo scorso 22 dicembre è stato però compiuto un passo importante: i 27 Stati membri hanno infatti concordato di adottare un livello minimo di imposta, che sarà fissato al 15% per tutte le grandi società. 

La riforma, contrastata in diversi momenti da paesi come Irlanda, Ungheria , Estonia e Polonia (la tassazione è uno dei pochi campi a livello comunitario in cui è richiesta l’unanimità), è stata salutata come un passo importante per frenare una lunga corsa al ribasso, che ha visto i Paesi di tutto il mondo ridurre gradualmente le tasse societarie per attirare le multinazionali. 

Questa tassa minima voluta dall'Unione non è altro che la versione locale della Global minimum tax dell’Ocse, approvata nel 2021 da 127 paesi che rappresentano oltre il 90% del Pil globale, tra cui Stati Uniti, Cina, India. e Russia. L’idea dell’UE parte da un principio chiaro: nessun gruppo multinazionale può pagare meno del 15% di tasse sul reddito prodotto nell'Unione. I Paesi membri hanno un anno per recepire le regole nella propria legislazione nazionale, poi la nuova legge entrerà definitivamente in vigore il primo gennaio 2024.

Questa decisione potrebbe generare ogni anno circa 141 miliardi di euro in entrate fiscali aggiuntive per l’Unione, facendo perno sulle cosiddette Big Tech che fatturano almeno 10 milioni (o hanno 1 milioni di reddito) in uno dei Paesi membri. Più in generale, l’imposta minima sulle società minima si applicherà alle grandi società che realizzano entrate finanziarie combinate superiori a 750 milioni di euro all'anno, ottenute attraverso le loro operazioni nazionali e internazionali. Saranno esentati gli enti governativi, le Ong e i fondi pensione e di investimento.

Questa imposta aggiuntiva sarà riscossa dal Paese europeo in cui si trova la società madre. Ad esempio: se una società madre con sede a Berlino ha una filiale in Andorra soggetta a un'imposta sulle società del 10%, il governo tedesco sarà autorizzato a applicare una tassa aggiuntiva del 5% sugli utili ammissibili della società madre, per compensare la differenza.

Inoltre, i governi  potranno aumentare le tasse sulle filiali nel loro territorio se queste appartengono a una società straniera che paga un'aliquota dell'imposta sulle società inferiore al 15% nel proprio Paese d’origine.

La combinazione delle due regole è progettata per mitigare l'erosione fiscale e il trasferimento degli utili, poiché le grandi aziende avranno meno incentivi a spostare le loro operazioni commerciali in giurisdizioni a bassa tassazione.

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