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Flat tax, ecco i veri numeri: quello che la sinistra prova a censurare

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*Presidente Unione Giovani Commercialisti Responsabile del Centro Studi.
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Semplificazione e sostegno alla produttività dei lavoratori autonomi. Questo lo spirito che sembra animare due importanti modifiche normative contenute nella Legge di Bilancio per il 2023. La flat tax amplia il suo peso nel sistema fiscale italiano seguendo due binari: l'ampliamento del limite dimensionale dei soggetti che possono accedere al regime forfettario con il limite di ricavi e compensi elevato da 65.000 a 85.000 euro; e l'individuazione di un parte di reddito d'impresa o di lavoro autonomo meritevole di alleggerimento del carico fiscale in quanto incremento rispetto alla serie storica 2020-2022 del soggetto economico. Sempre più quote di imponibile fiscale confluiscono in metodologie di tassazione proporzionali quindi, e quale sorte si prospetta per la progressività dell'imposta? Avviare un dibattito di così ampio respiro, che necessariamente mette sul tavolo di confronto le garanzie costituzionali di perequazione dei redditi, è un grosso rischio di distrazione su tematiche operative e contingenti.

 

 

INCREMENTO
Quello che invece deve esser fatto è il confronto su quanto sia limitata la sola visuale fiscale in termini di incentivazione e sostegno dell'attività economica. Per stimolarlo proviamo a considerare il confronto tra un incremento di reddito da lavoro dipendente e di reddito d'impresa (o lavoro autonomo) applicando al primo l'ordinaria tassazione progressiva Irpef ed al secondo la prevista nuova flat tax. Come base numeri ca di partenza, quanto più realistica possibile, ipotizziamo che un lavoratore dipendente (un operaio, livello medio del settore commercio) abbia prestato attività con orario part-time al 50% negli anni 2020, 2021 e 2022 ricevendo una retribuzione lorda annua di euro 11.316,76; e che nell'anno 2023 sfrutti l'opportunità di lavorare con orario full-time ricevendo una retribuzione lorda annua di euro 22.633,52. Identico andamento reddituale coinvolge un titolare di partita IVA.

IL CONFRONTO
Consideriamo la contribuzione previdenziale che ciascuno dei due soggetti deve sostenere: 9,19% per il dipendente; 24% per il soggetto tito lare di partita IVA iscritto alla gestione Commercianti (o Artigiani). Vediamo quindi la situazione ordinaria del lavoratore subordinato e quella dell'imprenditore o del professionista sia con la classica Irpef che con la nuova flat tax. In questo scenario il rispetto della capacità contributiva non sembra esser compro messo. L'inserimento di una parziale tassazione proporzionale permette un riallineamento fiscale fra categorie reddituali differenti, consentendo ad attività di minori dimensioni, per loro caratteristica congenita o perché in fase di start-up, un risparmio fiscale premiale del loro sviluppo.

 

 


La serie storica di redditi nel triennio di osservazione individuato dalla normativa (e quindi base imponibile per il 5% di decurtazione dalla flat tax) e l'entità di incremento reddituale realizzato nel 2023 saranno parametri che creeranno comunque disomogeneità di rendimento della nuova architettura impositiva nella platea di contribuenti. In questa sede era importante stimolare una riflessione che vada oltre la semplice difesa ad oltranza della progressività d'imposta che inizi a considerare anche altri elementi di prelievo sui redditi.


Quello contributivo per esempio. Il cuneo contributivo è infatti un elemento estremamente critico, non ancora considerato adeguatamente nell'ambito dei titolari di partita iva. Esso drena liquidità in maniera significativa creando una disparità con mondo del lavoro dipendente assai disincentivante per il sistema produttivo. Nell'ambito del viaggio che ripenserà il nostro sistema fiscale occorre che se non tutto, molto venga cambiato e che il sistema previdenziale sia ripensato in ottica di minor prelievo odi maggior tutele per i lavoratori autonomi.

di Matteo De Lise
Massimiliano Dell'Unto*

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