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Fallimento Burani, rinvio al 3 febbraio

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E il patron adesso dice: "Voglio salvare l'azienda"

Michela Ravalico
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È stata rinviata a mercoledì prossimo, 3 febbraio, l'udienza sull'istanza di fallimento della Burani Designer Holding (Bdh), presentata a inizio mese dalla Procura di Milano. I legali della Bdh, la società olandese della famiglia Burani che controlla l'omonimo gruppo di moda, hanno contestato la competenza dei giudici milanesi. Per gli avvocati, la causa deve essere discussa a Reggio Emilia dove ha sede la Mariella Burani Fashion Group. Secondo la Procura, invece, la società olandese va considerata domiciliata in Italia, esattamente a Milano in via Verri, dove nel corso di una perquisizione della Guardia di Finanza effettuata poco prima di Natale sono stati rinvenuti i libri contabili e altre scritture della società. Ad ogni buon conto, però, una società che fa capo ai Burani, la Natfood srl, ha presentato una seconda istanza di fallimento nei confronti di Bdh per avere la certezza che, in caso di fallimento, si tenga conto di un suo credito di 700mila euro. Stando ai dati ufficiali, la Mariella Burani Fashion Group (la capogruppo operativa italiana) ha un indebitamento finanziario netto di quasi mezzo miliardo di euro. Nel corso dell'udienza, il presidente del gruppo, Walter Burani, ha reso delle dichiarazioni spontanee ai giudici: «Voglio salvare i posti di lavoro, e cioè la Mariella Burani Fashion Group - ha detto - voglio salvare la società e sono certo che la salverò, metteremo quello che serve». I pm Luigi Orsi e Mauro Clerici hanno invece ribadito la richiesta di fallimento, depositando nuova documentazione. Stando ai dati ufficiali, la Mariella Burani Fashion Group ha un indebitamento finanziario netto di quasi mezzo miliardo di euro. L'imprenditore di Cavriago (Reggio Emilia) ha assicurato di avere i 50 milioni chiesti in origine alle banche come impegno della famiglia nella ricapitalizzazione della società, in cambio di un significativo stralcio dei crediti. All'accordo con le banche sta lavorando Banca Leonardo, il nuovo advisor scelto dalla Mariella Burani, dopo la rinuncia di Mediobanca. Il problema è che la famiglia sembra disposta a mettere sul piatto non capitali liquidi ma il 50% di Greenholding, la scatola che controlla le partecipazioni dei Burani in Bioera e Greenvision. Sulle valutazioni della quota ci sono divergenze fra banche e famiglia: per i creditori bancari varrebbe meno di 50 milioni e la differenza andrebbe ovviamente saldata "cash". Senza considerare che, per il troppo perso in trattative fin qui infruttuose, la banche hanno chiesto la disponibilità di altri 10 milioni di euro per garantire la continuità dell'azienda. Le posizioni delle parti sembrano dunque allontanarsi, mentre si avvicina pericolosamente il 12 febbraio, data entro la quale va chiuso l'aumento di capitale deliberato da Burani. Ammesso che mercoledì prossimo la capofila olandese del gruppo riesca a passare indenne le forche caudine dell'udienza fallimentare.  

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