Enrico Mattei, perché all'Italia manca una figura come la sua
A sessant' anni dalla tragica scomparsa di Enrico Mattei, la ra del rifondatore dell'Eni è sempre più al centro dell'attenzione generale. In un comunicato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l'ha definito ieri un uomo delle istituzioni capace di dare grandi benefici all'Italia e, al tempo stesso, in grado di far crescere anche i Paesi produttori di petrolio e gas.
Il capo dello Stato ha aggiunto che l'azione di Mattei «ha contribuito a porre l'Italia al crocevia dei dialoghi di pace e di cooperazione per lo sviluppo». Non solo: secondo il Quirinale, Enrico appartiene a pieno titolo «alla schiera dei costruttori della Repubblica». È proprio il caso di dire che, con la gravissima crisi energetica che ci sta mettendo alle corde, l'esempio dell'imprenditore marchigiano (era nato nel 1906 ad Acqualagna, una delle capitali del tartufo) è al centro dell'attenzione generale.
Sempre ieri il premier Meloni ha, infatti, definito Mattei «un grande italiano che ha contribuito a fare dell'Italia una potenza economica». Ma già martedì scorso, nel suo intervento alla Camera, il presidente del Consiglio l'aveva considerato uno dei maggiori artefici della ricostruzione post-bellica dell'Italia. La neo-premier aveva anche reso nato un suo progetto: il governo dovrebbe farsi promotore di «un piano Mattei» per l'Africa in grado di frenare l'ondata migratoria verso il Belpaese.
Il padre del cane a sei zampe è stato ricordato molto spesso negli ultimi mesi e tanti, a causa dei prezzi del petrolio e del gas sempre più alti per via della guerra in Ucraina, si sono chiesti come lui avrebbe affrontato, se fosse stato ancora vivo, una simile emergenza. Lui si sarebbe certamente stupito nel constatare come l'Italia fosse caduta così in basso sul piano energetico ma poi avrebbe anche indicato la strada giusta per poterci risollevare. È il caso dei rapporti con l'Algeria che l'Eni aveva molto potenziato a cominciare proprio da quel gasdotto che, partendo dal Sahara, si chiama appunto «Enrico Mattei». Rapporti con Algeri molto stretti che, nel corso degli anni, non vennero poi mantenuti tanto che oggi stiamo bussando con il cappello in mano (vedi la recente visita in Africa dell'ex-premier Draghi) per cercare di ottenere un po' di quel greggio che ci manca. Se ci fosse stato ancora Enrico...
A sessant' anni di distanza, quel tragico schianto del bireattore francese Moraner-Saulnier a Bascapé nel Pavese (a bordo, oltre a Mattei, c'erano il pilota Alessio Bertuzzi ed il giornalista americano William McHale) è diventato un "giallo" sempre più intricato tenendo anche conto che alla «cloche» sedeva un pilota molto esperto. Ormai nessuno parla più di un semplice incidente e lo stesso Mattarella ha detto ieri che, sulla morte di Mattei, «grava l'ombra di un criminale attentato». Tra le ipotesi ancora in piedi, quella più accreditata coinvolge i servizi segreti francesi proprio in considerazione del fatto che l'Eni aveva deciso di investire molto sul petrolio algerino. Altri due possibili scenari tirano invece in ballo le "Sette sorelle", le grandi compagnie petrolifere internazionali, ed anche la mafia soprattutto dopo l'omicidio, nel 1970, del giornalista Mauro De Mauro che era stato incaricato di indagare su quel disastro aereo. Tante ipotesi che forse resteranno tali per sempre. A questo punto, una sola cosa è certa: oggi più che mai in Italia manca una figura come Mattei. Sul fronte petrolifero e non solo.