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Volpato di Banca Mediolanum: "Lasciare i soldi in banca non vuol dire metterli al riparo"

Stefano Volpato

Attilio Barbieri
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«La Borsa va giù. Ci sto perdendo. Esco... Metto tutto in moneta e quando avrò capito cosa succede tornerò a investire». È l'errore ricorrente in cui incappano molti risparmiatori fai-da-te che inseguono vanamente il massimo rendimento acquistando ai massimi di Borsa e vendendo ai minimi, ovvero facendosi guidare dalla emotività. Impauriti, e quindi pronti a fuggire, spostano i soldi disinvestiti sui conti correnti o sui conti di deposito appena in Borsa cambia il vento. Ma oltre a maturare immediatamente la perdita realizzata negli strumenti finanziari in cui erano investiti, sono esposti ora anche all'attacco dell'inflazione. La preoccupazione dei risparmiatori rischia così di trasformarsi in un boomerang. «Purtroppo è così, ma sarebbe sbagliato incolpare i risparmiatori preoccupati per il futuro», spiega Stefano Volpato, national manager di Banca Mediolanum, «è comprensibile preoccuparsi per quanto potrà succedere da qui ai prossimi dodici mesi. Le scelte compiute sull'onda dell'emotività rischiano di essere le peggiori possibili, ma siamo di fronte a una situazione oggettivamente complessa. C'è tuttora in atto una pandemia che non sappiamo come possa evolversi nei prossimi mesi. L'Ucraina è scossa da una guerra che potrebbe durare a lungo, con il corollario della crisi energetica mondiale a cui si associa un tema che era già sul tavolo prima che scoppiasse la guerra: l'approvvigionamento delle materie prime. E a un quadro già di per sé molto complesso si somma l'inflazione, con la quale avevamo disimparato a confrontarci da parecchi decenni. Ma date queste criticità bisogna uscire da un equivoco di fondo...».

Quale?
«Trovo sbagliato dividere le persone fra pessimisti e ottimisti».

In che senso?
«In realtà hanno regione sia gli uni sia gli altri».

Com' è possibile?
«Dipende dall'orizzonte temporale in cui si valutano i possibili sviluppi della situazione attuale. Se pensiamo ai prossimi dodici mesi è impensabile non essere preoccupati per le criticità che ho elencato e che sicuramente si faranno sentire sul piano economico e non solo. I prossimi mesi saranno impegnativi. Inutile nasconderlo.
Ma il nostro futuro non si ferma fra dodici mesi. Ho compiuto da poco sessant' anni e anche sforzandomi non mi viene in mente un periodo più lungo di quattro o cinque anni senza una crisi».

 

 


 

Questo cosa significa?
«Lo sviluppo economico avviene in costanza di crisi. E se andiamo a vedere il Prodotto Interno Lordo mondiale ci accorgiamo che negli ultimi sessant' anni si è moltiplicato per lo meno per otto volte. Dobbiamo accettare che nei cicli economici si susseguano periodi di espansione e periodi di recessione, la cui origine è spesso dovuta a inefficienze radicate durante le fasi di crescita. Le crisi funzionano da stimolo per ritrovare l'efficienza. Il progresso si manifesta con questa alternanza».

È difficile però essere ottimisti...
«In realtà ha ragione anche chi allunga lo sguardo oltre il 2023 e ragiona da ottimista, consapevole che niente e nessuno possa fermare lo sviluppo economico. Le persone vogliono sempre migliorarsi e fanno di tutto per raggiungere gli obiettivi che si sono prefisse. E questa è una leva molto potente di sviluppo».

Con l'inflazione come la mettiamo?
«Il carovita ha un impatto notevole. Ma le persone possono fare poco per incidere sull'andamento dei prezzi e sul calo del loro potere d'acquisto. Al contrario possono molto nel preservare il loro patrimonio messo assieme in decenni di risparmi che ammontano complessivamente nel nostro Paese a 5mila miliardi di euro».

Cosa in concreto?
«Siamo stati molto bravi a risparmiare. Molto meno nel rendere efficiente il risparmio che abbiamo accumulato negli anni. Dobbiamo imparare a renderlo produttivo e l'inflazione è una straordinaria occasione per farci riflettere su quanto importante sia il risparmio che abbiamo faticosamente messo da parte».

Da cosa si capisce che i nostri risparmi non sono efficienti né produttivi?
«Guardi, c'è un dato emblematico per capire quale sia la situazione. Se guardiamo al decennio che va dal 2010 al 2021, negli Stati Uniti la ricchezza finanziaria è aumentata del 118%. In Italia, nonostante siamo un popolo di grandi risparmiatori, solo del 32%. Un dato che descrive in maniera impietosa quanto sia importante e imprescindibile, non solo mettere da parte, ma soprattutto rendere produttivo il risparmio. Pur con un'allocazione dei propri risparmi che sia coerente con bisogni, progetti ed esigenze che ha ciascuno di noi».

 

 

 

Immagino che lasciare i propri soldi sul conto corrente o nei depositi non sia il modo migliore per renderli produttivi...
«Direi proprio di no».

Che fare, dunque?
«Proprio di recente il presidente della Consob Paolo Savona si è espresso sul tema, ricordando che la soluzione è quella di puntare sulla redditività degli investimenti nell'economia reale».
 

Come?
«Bisogna far incontrare il capitale improduttivo con l'economia reale. Si centrerebbe un doppio risultato: metterlo al riparo dall'erosione dell'inflazione e fornire carburante per sostenere il Pil, alimentare la ripresa. Qualcosa in questa direzione è già stato fatto...».

Vale a dire?
«Penso alla legge sui Piani individuali di risparmio, i Pir. Un primo passo importante anche per uscire dallo schema bancocentrico che ci ha afflitto per decenni. Gli italiani hanno a disposizione strumenti per l'accumulazione e la diversificazione del risparmio, che sono efficienti e possono contare anche su un vantaggio fiscale straordinario. Ma bisogna promuoverli e diffondere la cultura finanziaria, visto che nel nostro Paese non eccelliamo».

Secondo lei cos' è necessario a questo punto?
«È il momento di lanciare un grande piano di orientamento verso questa risorsa straordinaria, andando con coraggio a detassare per esempio gli investimenti di lungo termine, non speculativi, che possono trovare la risposta proprio nell'economia produttiva».

E a chi invece, si è lasciato cogliere dal panico e sta pensando di disinvestire per mettere tutto in liquidità, cosa possiamo dire?
«È essenziale affidarsi a poche valutazioni essenziali. La prima è che niente e nessuno potrà mai fermare lo sviluppo economico. Anche passando per le crisi il mondo va sempre avanti. La seconda è una regola di comportamento: chi è disciplinato sui mercati vince sempre. E per essere disciplinati bisogna fare due cose: diversificare - la crisi può portarsi via alcune aziende ma altre le sostituiranno - per essere sempre agganciati all'economia reale. E poi ragionare in una logica di lungo periodo. Chi diversifica e rimare investito a lungo vince sempre. I massimi di Borsa precedenti vengono sempre ritoccati e regolarmente sostituiti da nuovi massimi.
Anche chi ha investito con i mercati ai massimi nel lungo periodo vince sempre».

La terza valutazione?
«La volatilità non è il male assoluto, i ribassi che regolarmente si presentano sui mercati rappresentano un'occasione per aumentare il rendimento atteso. Sono fattori incrementali di rendimento. Dobbiamo essere lucidi e lungimiranti. E approfittarne». 

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