Pasta, perché non potremo più comprarla: che cosa accadrà
Il prezzo della pasta continua a crescere, com' è inevitabile che sia, purtroppo, per gli aumenti dei fattori che intervengono nella produzione di spaghetti, farfalle e maccheroni. Le quotazioni del grano duro, invece, stanno calando. Tutto questo nonostante i ripetuti allarmi sulla possibile penuria di frumento per l'effetto concomitante di due fattori, ugualmente devastanti: la guerra in Ucraina, scatenata dall'invasione russa e la siccità che ha colpito buona parte dell'Europa, riducendo i raccolti fino al 30%.
Viste le premesse era facile prevedere un'impennata nei corsi del frumento duro del nuovo raccolto. Fra gli analisti specializzati nelle commodity c'era anche chi arrivava a prevedere una bolla: per effetto della domanda che si attendeva impetuosa le quotazioni del grano duro con cui si fa la pasta, avrebbero potuto addirittura raddoppiare. Non è successo nulla di tutto questo. Anzi, si è verificato l'esatto contrario. Il prezzo all'ingrosso del frumento duro ottenuto dal raccolto di quest' anno è in caduta libera. Alla borsa merci di Bologna il grano duro con il 13,5% di proteine minime- quello utilizzato per la pastificazione- è stato prezzato nella seduta del 7 luglio, la prima con il cereale appena raccolto, in una forchetta fra 527 e 532 euro la tonnellata. Il fixing precedente, nella sessione del 9 giugno, con i semi del raccolto 2021, andava invece da un minimo di 540 a un massimo di 545 euro la tonnellata.
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CROLLO INATTESO - Peggio ancora è andata l'ultima seduta, il14 luglio, giovedì di questa settimana. Quando i valori sono calati nella forchetta fra 497 e 502 euro a tonnellata. Quotazioni che non si vedevano dal mese di settembre dello scorso anno, quando però l'inflazione era all'1,7% mentre oggi è all'8, la benzina costava 1,669 euro al litro e oggi è sopra ai due. Non parliamo del gas. Se oggi alla borsa olandese un megawattora di metano si paga 160,80 euro, nel settembre 2021 costava appena 32,393 euro. Così, mentre il gas è rincarato del 396,4% il grano duro anziché salire sta addirittura calando. La perdita di valore delle quotazioni massime rispetto a giugno è pari al 7,89%. E dire che i cerealicoltori italiani hanno patito come tutti il salasso delle bollette per l'energia, il rincaro dei costi del gasolio e quello dei fertilizzanti, con il nitrato d'ammonio passato da 250-300 dollari a 900 dollari a tonnellata.
Alla fine, a fare le spese di un mercato fuori controllo, rischiano di essere da un lato i consumatori, con il carrello della spesa rincarato di quasi il 10% in un anno e dall'altro i coltivatori che a fronte di rese inferiori di almeno il 15% stanno incassando addirittura meno di quanto prendevano lo scorso autunno. Una situazione insostenibile che rischia di accelerare il fallimento di quel 10% di aziende agricole già sull'orlo del baratro.
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MANOVRE SPECULATIVE - «Il calo dei prezzi del grano duro è certamente dovuto a manovre speculative in atto», spiega a Libero Gianluca Lelli, amministratore delegato di Consorzi Agrari d'Italia. «Manovre legate sia ai mercati finanziari internazionali, Chicago in testa», aggiunge, «sia al comportamento degli acquirenti che da un paio di settimane hanno sostanzialmente bloccato gli acquisti del prodotto del nuovo raccolto. La speculazione è evidente anche alla luce del fatto che le rese per ettaro, in ogni parte d'Italia, sono inferiori rispetto allo scorso anno, quindi è chiaro il tentativo di cercare di abbassare la quotazione».
L'andamento delle quotazioni al ribasso non trova riscontro neppure nella qualità del raccolto appena concluso. «Il grano duro italiano», aggiunge Lelli, «bisogna sottolinearlo, anche in un'annata difficile come questa, conserva una grande qualità proteica, grazie agli investimenti e agli sforzi delle aziende agricole che nonostante il periodo, nonostante il caro energia, la crisi dei fertilizzanti, l'aumento del costo del carburante, hanno continuato a lavorare per salvaguardare una bandiera del made in Italy. Non è corretto che a pagare le conseguenze di questa manovra, quindi, siano sostanzialmente gli agricoltori, oltre ovviamente ai consumatori che non vedranno certamente la riduzione del costo della pasta a scaffale». Fra l'altro se l'ultima campagna del frumento si è chiusa con rese in calo dal 15 al 30%, col mais rischia di andare perfino peggio con un crollo che in alcune zone d'Italia può arrivare addirittura al 50% ed è destinato a sommarsi al calo a doppia cifra dell'export ucraino di granturco del quale prima della guerra importavamo ben 785 milioni di chilogrammi.