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Minimum tax? Ecco perché Jeff Bezos è meglio dei ladroni di Stato

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Jeff Bezos

Iuri Maria Prado
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Non c'è dubbio che il veto ungherese alla minimum tax abbia natura puramente ricattatoria: vogliono i quattrini europei, e finché non li ottengono remano contro tutto. Altro, dunque, che le ragioni ideali (che ci sono) poste alla base dell'impostazione minoritaria che vede in quella direttiva di tassazione un altro esempio dell'approccio dirigista e di pianificazione che ormai costituisce il tratto distintivo delle politiche comunitarie. Ma qui da noi la faccenda ha adunato gli eserciti statal-progressisti nella condanna dei servi delle multinazionali che affamano le masse popolari.

 

Vedi il ministro Orlando, burocrate del Pci già a vent' anni, che l'altro giorno se ne vien fuori così: «Populisti e xenofobi, falsi amici del popolo, veri amici delle multinazionali». Può essere inconcepibile per un comunista che non ha mai visto un'azienda in vita sua, e può suonar strano in un Paese mezzo-socialista come il nostro, ma le pubbliche economie sono devastate assai meno dalle famigerate multinazionali che dai ladroni di Stato e dagli Stati ladroni, gli uni e gli altri ottimamente rappresentati da chi concepisce il potere pubblico come una greppia provvidenziale da tener su con il lavoro altrui.

 

Il fatto che l'odiata multinazionale si faccia indubbiamente gli affaracci propri, ma altrettanto indubbiamente senza ficcarci le mani in tasca, e il fatto che le nostre tasse non finiscano nel portafogli di Bezos o Cook, ma negli ospedali popolati di pantegane o nelle scuole modello congolese, sono dettagli che sfuggono ai difensori del popolo e degli operai con gli stipendi più bassi d'Europa grazie a mezzo secolo di retorica operaista. Pagano poche tasse, le multinazionali? Può darsi. Ma i soldi che non versano sono assai meno di quelli rubati dallo Stato. 

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