Benzina, la mano di indiani e sauditi: verso prezzi folli, così gli alleati di Mosca ci rovineranno
La benzina tocca cifre folli, complice il rialzo del petrolio che rivede i 120 dollari. Ma non c'è solo la guerra in Ucraina dietro il rialzo. A spingere all'insù le quotazioni, infatti, ci sono anche la ripresa della domanda da parte della Cina e la mossa dell'Arabia Saudita. Quest'ultima, nonostante l'Opec abbia aumentato la produzione, ha alzato il prezzo ufficiale di vendita del suo greggio leggero sia in Asia e che in Europa nord-occidentale.
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Per questo motivo non ci si poteva che aspettare una crescita del Brent, volato sopra quota 121 dollari per poi cedere, e del Wti, salito in Asia sopra 120 dollari al barile. Eppure secondo gli analisti, ancora non abbiamo visto nulla. Al momento sul fronte petrolifero sembrano crearsi due diversi fronti: quello europeo e quello filo-russo. Nel primo schieramento si assiste all'apertura degli Usa al greggio del Venezuela, nel secondo all'India e alla Cina che hanno preso le difese di Mosca.
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Gli scenari però promettono tutt'altro che bene. Il Venezuela è infatti il paese che dispone delle riserve di greggio più grandi del mondo, ma vanta una produzione limitata. Non solo, perché dopo che la Casa Bianca ha dato il via libera a Eni e Repsol di dirottare verso l'Europa carichi venezuelani, l'India ha risposto. Come? Avviando interlocuzioni con il colosso statale russo Rosneft per raddoppiare le sue importazioni di petrolio da Mosca. E non è un caso che da mesi i due paesi pro-Putin abbiano aumentato i loro acquisti dal Cremlino. Insomma, la situazione è molto complessa e rischia di peggiorare con pesanti conseguenze per tutti i consumatori.
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