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Estate, volete prendere due lettini e un ombrellone? Arriva la pesante botta: cosa cambia da giugno

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Michele Zaccardi
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Alla fine, dopo settimane di burrasca, la norma sulle concessioni balneari ha passato la prova del Senato. Il disegno di legge sulla concorrenza che la conteneva è stato approvato ieri e passerà quindi all'esame della Camera. L'obiettivo è farlo tornare a Palazzo Madama entro luglio per il via libera definitivo. Ma lo stallo si era sbloccato già giovedì, quando sulla previsione che obbliga a mettere a gara le spiagge a partire dal 2024, con possibilità di proroga di un anno sotto certe condizioni, era stata raggiunta l'intesa all'interno della maggioranza. Le critiche, però, non si sono placate anche perché sul tema più spinoso, quello della quantificazione degli indennizzi ai concessionari uscenti, il Parlamento ha deciso di rinviare tutto al governo.
 

 

DECRETI DA SCRIVERE Sarà infatti quest' ultimo a dover varare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, i decreti attuativi che conterranno i dettagli per la determinazione degli importi. Il testo, al momento, prevede soltanto che si seguano «criteri uniformi» e che i risarcimenti siano a carico di chi subentra al vecchio concessionario. Su questo fronte, il senatore delle Lega e vicepresidente della Commissione industria, Paolo Ripamonti, ha proposto «la convocazione di un tavolo di concertazione con le parti sociali per definire i criteri» degli indennizzi. D'altra parte, il rischio, paventato da molti, è che quest' estate ci possa essere una raffica di rincari: con la possibilità di perdere la concessone a breve, alcuni titolari di stabilimenti potrebbero approfittarne per recuperare quanto speso negli ultimi anni. Già adesso, del resto, molte associazioni di consumatori hanno lanciato l'allarme del caro-ombrelloni. Secondo il Codacons, tra inflazione e rincari energetici, molti stabilimenti balneari hanno ritoccato all'insù i listini mentre è probabile che ci siano ulteriori aumenti da qui in avanti. Le tariffe giornaliere per ombrelloni, lettini e sdraio, registrano incrementi del 4-5%, con punte del 10% in alcune zone, rispetto all'anno scorso. Senza considerare gli aumenti per mangiare nei lidi: i rincari per cibi e bevande sono attorno al 10%. Stime simili vengono dalla rivista Altroconsumo, che prevede un aumento del 10% per affittare ombrelloni e lettini. Anche il Sindacato italiano balneari si aspetta rialzi del 10% per quest' estate. Ma l'idea che l'incertezza sulla propria situazione spingerà gli imprenditori ad aumentare ancora di più i prezzi non convince Ripamonti. «Le nostre imprese balneari hanno sempre lavorato in modo corretto: non sarà un'estate all'insegna degli aumenti». Il tema è caldo anche perché le novità introdotte riguardano un settore che non è certo secondario per l'economia italiana. Con un giro d'affari di circa 15 miliardi di euro nel 2021, le 7.173 aziende che gestiscono stabilimenti balneari sono al 43% a conduzione familiare. E non a caso, nella norma, si prevede una corsia preferenziale per chi, nei cinque anni precedenti la gara, ha «utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo». «Ci siamo posti tre obiettivi e li abbiamo raggiunti» prosegue Ripamonti, «indennizzare e riconoscere un valore all'azienda, avere un periodo temporale sufficiente per fare le gare, e inserire dei criteri di premialità». Questo per evitare che fossero le società multiservizi che gestiscono beni pubblici ad accaparrarsi le concessioni messe all'asta. «Ciò non vuol dire che le multiutility non possano concorrere» spiega il senatore «semplicemente non hanno un premio come quello attribuito alle imprese familiari». Certo, dalle parti della Lega non sono pienamente soddisfatti del provvedimento. Ma era necessario intervenire per «mettere in sicurezza le imprese che erano a rischio sequestro» commenta Ripamonti.
 

 

BEN 15 MILIARDI IN BALLO Nel novembre dell'anno scorso, infatti, il Consiglio di Stato ha stabilito che l'estensione delle concessioni al 2033, varata nel 2018 dal Conte I, è in contrasto con la direttiva Bolkestein, e ha imposto al governo di mettere i titoli all'asta con gare pubbliche entro il 31 dicembre 2023. Scaduto tale termine, le licenze sarebbero state «prive di effetto» e quindi revocate. «La nostra era un'ottima legge a cui però non sono seguiti i decreti attuativi» sottolinea Ripamonti «una legge che metteva i comuni nelle condizioni di fare le gare con un periodo transitorio fino al 2033. Purtroppo la sentenza del Consiglio di Stato ha cambiato le regole del gioco

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