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I soldi finiti in pochissime ore: cosa fare per comprare auto e moto con il bonus

Sandro Iacometti
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Avete presente i 650 milioni stanziati dal governo per incentivare l'acquisto di mezzi di trasporto non inquinanti? Ebbene, sono quasi finiti. Non in qualche giorno, ma in poche ore. La piattaforma online per le prenotazioni dei concessionari è stata aperta ieri mattina. Pronti, via. Ed è partito l'assalto. Anche perché gli acquisti agevolati erano scattati il 16 maggio. Sul portale web, dunque, è arrivata tutta insieme una valanga di richieste relativa a pratiche giù chiuse negli ultimi 10 giorni. A questo si aggiunge che gli incentivi erano stati annunciati addirittura alla fine dello scorso anno. E una volta trovato l'accordo politico nel governo il provvedimento, dato più volte per imminente dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, è rimasto a lungo impantanato nella triangolazione tra ministeri competenti, Palazzo Chigi e e ragioneria dello Stato, provocando un rinvio degli acquisti che ha determinato il crollo verticale delle immatricolazioni.

 

 

Risultato: nel primo pomeriggio di ieri i quattrini destinati a ciclomotori e motocicli tradizionali ma a basse emissioni erano praticamente esauriti. Mentre le auto con emissioni di CO2 comprese tra 61 e 135 g/km il livello era sceso a 88,6 milioni sui 170 di dotazione iniziale (70 milioni erano stati già prenotati nel giro delle prime due ore). In realtà, non tutto il salvadanaio è stato prosciugato. A dimostrazione della scarsa voglia degli italiani a rinunciare ai vecchi motori a scoppio, i fondi per i mezzi più ecocompatibili sono ancora in gran parte in cassa. Perle auto elettriche sono rimasti 200 milioni (sui 220 iniziali) e altrettanti sono avanzati per le ibride plug in (che ne avevano a disposizione 225). Stesso discorso per le due ruote a batteria.

 

 

Il problema, però, resta. Anche perché la tornata di bonus non aveva l'unico scopo di favorire lo svecchiamento del parco auto e moto, ma anche quello di sostenere il settore dell'automotive in gran difficoltà. È evidente, dunque, che lasciare senza sconti il segmento di vendite più gettonato non ha molto senso. Per rimpinguare il fondo questa volta non c'è bisogno di grandi sforzi sotto il profilo procedurale. Il decreto legge che ha sbloccato gli incentivi fissa una cornice, operativa fino al 2024 e prolungabile fino al 2030, rinviando a semplici Dpcm per individuare modalità, platea e quattrini a disposizione. Il problema sono i conti pubblici. Da qualche settimana non fanno che ripetere tutti, da Bankitalia all'Europa fino al ministro dell'Economia, che altro deficit non si può fare e che anzi bisogna stare bene attenti al percorso di riduzione del debito. Questo significa che anche se il governo riesce a raschiare qualcosa dal fondo del barile, di sicuro al prossimo giro si stringeranno le viti. Attualmente infatti non c'è alcun limite al numero di veicoli acquistabili da ciascun beneficiario e il ministero dello Sviluppo, in fase di chiarimenti, ha aperto le agevolazioni anche ai titolari di partita Iva. Insomma, la platea è potenzialmente sterminata. Piazzare altri soldi senza modifiche restrittive, significa fargli fare la stessa fine di quelli evaporati ieri nel giro di poche ore.

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