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Cara sinistra, europeisti sì ma non fessi: la bufala del Pd per riempirci di nuove tasse

Sandro Iacometti
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La musica, purtroppo, non è cambiata. L'Europa, Draghi o non Draghi, continua a pretendere di poterci dettare le leggi, aiutata da una sinistra che ora ha anche la quinta colonna a Bruxelles. Quel commissario all'economia Paolo Gentiloni che cerca di fare il gioco delle tre carte per aiutare il suo Pd a farci digerire la stangata sulla casa e una serie di riforme che quando era a Palazzo Chigi si è ben guardato dal fare. 

 

Per diradare il polverone alzato dalle raccomandazioni Ue pubblicate ieri si potrebbe procedere per semplici domande. La riforma del catasto serve ad aumentare le tasse? Sì, lo dice chiaramente Bruxelles nel suo documento, associando l'operazione ad una crescita di gettito necessaria a tagliare il cuneo fiscale. La riforma del catasto è prevista dal Pnrr? No, non è scritto da nessuna parte. La riforma dei balneari è prevista dal Pnrr? Altro no, il Piano prevede solo l'approvazione della legge sulla concorrenza, così come quella sul fisco, senza specificare i contenuti. Poi c'è l'ultima domanda, quella più importante: l'Italia è in ritardo sul Pnrr? Sicuramente sì, lo dicono i monitoraggi sulle riforme, ma lo dicono soprattutto le amministrazioni locali, che, a corto di tecnici e travolte dalla burocrazia, stanno da settimane avvertendo che non sanno in che modo "mettere a terra" gli investimenti. Senza contare i problemi legati alle difficoltà delle imprese schiacciate tra l'aumento incontrollato dei prezzi e i mille cavilli delle regole sugli appalti che l'esecutivo non è riuscito a semplificare.

 


Gran parte del corto circuito esploso negli ultimi giorni ruota intorno a questa risposta. Già, perché il Pnrr è un impegno preso a luglio 2021 dal governo e va rispettato. Non solo per continuare ad avere i soldi promessi, ma soprattutto per evitare situazioni come quello di fronte a cui ci troviamo oggi. E cioè che a causa dei nostri ritardi la Ue inizi a mettere bocca nel dettaglio delle riforme da attuare. Che lo spiacevole deja vu si sarebbe potuto verificare era ampiamente previsto. Che si palesasse così in fretta, per giunta con una guerra scoppiata tra capo e collo, un po' meno. Il copione ricalca quello degli anni d'oro delle strigliate di Bruxelles. L'Italia incapace di fare i compiti a casa, su deficit e debito, finisce sotto il ricatto degli euroburocrati che ritengono di sapere cosa sia meglio per noi. Le raccomandazioni snocciolate ieri dalla Commissione Ue sono le stesse che ci vengono presentate da decenni.
Ora, le tasse un governo sovrano le abbassa o le alza dove meglio crede, così come sceglie le strade più opportune per far funzionare la giustizia o il mercato. Se però i risultati non arrivano e i problemi non vengono risolti, alla fine, piaccia o no, arriva un maestrino a farti la ramanzina e a dettarti il compito.

 


Che poi ci sia in Italia chi, per ragioni di politica interna, assecondi la confusione alimentata dalla Ue che spremere i proprietari di casa o mandare i gestori degli stabilimenti in mezzo alla strada con un bel calcio nel sedere siano due condizioni indispensabili all'avanzamento del Pnrr è un'altra storia. Resta il fatto che il governo si è lasciato beccare con i compiti non fatti. E non solo sulle riforme. La bomba non è ancora esplosa, ma il problema principale, che non si può risolvere con una cabina di regia o con un voto di fiducia, riguarda gli investimenti. Le imprese da tempo mettono in guardia sul blocco dei cantieri e solo qualche giorno fa i rappresentanti di sindaci e governatori hanno detto in Parlamento che senza interventi urgenti i lavori sul territorio non potranno essere effettuati. Adesso, è vero che il problema delle materie prime non era prevedibile. Ma le norme anticorruzione, quelle sull'abuso d'ufficio e sul danno erariale sono lì da una vita. Così come è nota da sempre la carenza di personale specializzato nella Pa. Perché non si è provveduto? La Ue ci marcia, come ha sempre fatto e come ha ripreso a fare da un po'. Ma noi, bisogna dirlo, gli abbiamo dato 

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