Vladimir Putin, gas russo chiuso? La regione italiana che non sopravviverà: ecatombe economica
Avete presente i circa 29 miliardi di metri cubi di gas che ogni anno importiamo dalla Russia e che non ci fanno più dormire la notte per il terribile intreccio con le finanze di Putin e il conflitto in Ucraina? Ebbene, se si dovesse arrivare ad un embargo totale verso Mosca senza adeguate contromisure di tipo energetico od economico, come per ora sembra che sia, la Lombardia potrebbe essere la prima regione a saltare. E la sua colpa non è tanto essere la locomotiva d'Italia, con un folto e ramificato tessuto produttivo che andrebbe rapidamente a gambe all'aria senza il gas dello Zar, quanto aver fatto i compiti meglio e prima degli altri. Eh sì, perché se la transizione ecologica, con l'ansia di liberarsi da petrolio e carbone, ha reso l'Italia sempre più dipendente dall'estero, in Lombardia l'attenzione ai cambiamenti climatici ha prodotto una vera e propria schiavitù. Questi i numeri diffusi ieri dall'assessorato all'ambiente: a fronte di una quota di energia importata a livello nazionale del 77%, nella Regione la percentuale è all'85%. E la musica non cambia sul gas, che costituisce il 54% del fabbisogno regionale, rispetto al 40% a livello nazionale. Insomma, tutto quello che accadrà in Italia con lo stop al metano di Putin, nel territorio amministrato da Attilio Fontana accadrà di più. E il motivo, come si diceva, è proprio la forte accelerazione sulle politiche green rispetto ad altre aree del Paese.
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MAGGIORE DIPENDENZA - «La nostra maggiore dipendenza dal gas», ha spiegato l'assessore lombardo all'Ambiente e al Clima, Raffaele Cattaneo, «è legata a due fattori: innanzitutto abbiamo già metanizzato tutte le centrali termoelettriche, che non vanno più a carbone e quindi inquinano meno, la seconda ragione è che abbiamo metanizzato il territorio regionale e quindi aumentato il consumo di gas sia per usi civili che industriali». Per carità, questo non spinge l'assessore a dichiarare guerra alle politiche ecologiste.
Anzi, Cattaneo ribadisce l'impegno della Regione ad investire nelle rinnovabili, anche per ragioni geopolitiche, per ridurre la dipendenza dall'estero. Ma la sostanza, nell'immediato, cambia poco: la Lombardia, che con un pil nell'epoca pre-Covid di quasi 401 miliardi, pari al 22,4% del totale nazionale, rappresenta di gran lunga la prima economia del Paese, rischia di fermarsi. La domanda di gas naturale in Italia nel 2020 è stata pari a 71,3 miliardi di metri cubi, di cui il 40% di impor tazione russa (pari a circa 28,5 miliardi di mc). In totale la domanda primaria di gas copriva il 40% del fabbisogno, il petrolio il 33% e le rinnovabili il 20%.
In Lombardia, invece, la domanda primaria di gas naturale era pari al 54% del fabbisogno totale regionale, superiore al livello medio nazionale. Seguivano il petrolio al 21% e le rinnovabili al 15%. Questo significa che sugli oltre 70 miliardi di metri cubi di metano impor tati, 16,3, il 23% del totale nazionale, vanno direttamente alle famiglie e alle imprese lombarde. Nel dettaglio, 8,2 miliardi di mc (50,4%) fluiscono nella rete di distribuzione (utenze civili e piccola industria); 5,6 miliardi (34,3%) sono usati dall'industria (grandi utenze industriali e impianti di produzione energetica industriali per autoconsumo); e gli ultimi 2,5 miliardi (15,3%) finiscono al termoelettrico (parco impiantistico di produzione energia elettrica). Cosa potrebbe succedere con il blocco delle forniture russe? Alla Regione si sono fatti due conti e hanno calcolato che se Putin chiudesse i rubinetti mancherebbero di botto 6,5 miliardi di metri cubi sul fabbisogno totale. Il che, considerato che va tutto a gas, non sarebbe proprio una passeggiata.