Da questa profonda crisi internazionale dobbiamo uscirne più forti e migliori. L'analisi dell'imprenditore Andrea Pasini
La guerra lanciata da Putin all’Ucraina purtroppo non sembra avvicinarsi a una conclusione. Siamo arrivati alla terza settimane dall’inizio del conflitto, un attacco nel cuore dell’Europa, e la speranze per un accordo continuano a indebolirsi. Gli inviati sul campo, i corrispondenti e gli analisti stanno fornendo al mondo immagini che ci raccontano di città bombardate; truppe di terra russe in avanzata su tutti i fronti e sulla capitale Kiev; addirittura attacchi a centrali nucleari ospedali pediatrici; donne, uomini e sopratutto bambini in fuga disperati. Ci troviamo ogni giorno partecipi al dramma dei profughi ucraini, costretti a lasciare le loro case e la loro vita per fuggire verso l’Europa in cerca di salvezza. Ci raccontano di negoziati, annunciano tregue mai davvero rispettate; parlano di sanzioni attivate per colpire l’economia russa e i singoli oligarchi vicini al potere del Cremlino, della macchina della censura e della repressione del dissenso messa in atto da Mosca. Ogni giorno ci troviamo di fronte a nuove atroci immagini di bambini, donne e uomini uccisi dai bombardamenti russi, anche sui corridoi umanitari che dovrebbero essere un luogo sicuro dalle sirene e dalle bombe. Una situazione drammatica, che avrà senz’altro ripercussioni non solo sullo scacchiere locale dei confini orientali dell’Europa, ma sull’intero scenario mondiale.
Uno scenario che ci porterà delle ripercussioni tragiche sulla ripresa economica legate al problema delle forniture energetiche, ma anche di gas ed alimentari. Questa scelta scellerata di Putin sta mettendo in ginocchio l’intero Occidente e non solo. L’Italia ha più volte ribadito la sua adesione incondizionata all’alleanza occidentale, sia con le sanzioni che con l’invio di armamenti alle forze armate ucraine. E se sul fronte internazionale la maggioranza e il Parlamento sono compatti, su quello interno si intravedono crepe che minano la tenuta del governo, a cominciare dalla riforma del catasto.
Un’altra prova difficile per il premier Draghi, che fa passare in secondo piano le buone notizie in arrivo dal fronte Covid, come l’imminente fine dello stato di emergenza. Dopo due anni difficili, quella che doveva essere una primavera di ripartenza e uscita dal tunnel della pandemia si preannuncia invece come l’inizio di uno scenario anche peggiore.
Ora non è il momento di mollare e di perdere fiducia, dobbiamo tenere duro e andare avanti con l’obiettivo futuro di non trovarci più in situazioni di crisi per scelte mai fatte prima. La politica ha bisogno di persone che attuino progetti lungimiranti e che pensiamo a creare le condizioni perché questo Paese diventi autosufficiente, nel più breve tempo possibile. Non possiamo più permetterci di rischiare, specialmente quando si tratta di beni che servono ai cittadini per vivere.
Centrali nucleari sicure; trivellazioni per recuperare il gas senza andarlo ad acquistare; riconversione delle zone agricole dismesse incentivando la produzione di grano, mais e prodotti alla base delle trasformazioni alimentari; incentivi per chi alleva bestiame che serve per la filiera alimentare. Dobbiamo il più possibile diventare autosufficienti. E comprare il meno possibile all’estero, specialmente quando si tratta di Cina e Russia. Viviamo in una nazione che ci offre tutto, ma negli anni la politica è stata miope, concentrandosi ad aumentare le tasse, arrivate a livelli vessatori, portandosi dietro ed alimentando sempre di più una burocrazia pachidermica con regole folli e creando di fatto un sistema che al posto di agevolare le imprese e l’innovazione le fa scappare all’estero o le fa chiudere definitivamente. Ora da questa lezione dobbiamo imparare a migliorarci e progredire come sistema paese. Dobbiamo essere lungimiranti nelle scelte e concreti nell’attuale. Basta perdere tempo a discutere su temi sterili e che nulla hanno a che fare con le esigenze reali dell’Italia e degli italiani.