Ucraina, gasolio e bollette? I camionisti bloccano le autostrade italiane
Blocchi stradali e risse: è il primo attacco dei Tir che paralizzano le autostrade e l'intera filiera produttiva agroalimentare. I perché della rivolta
L’Apocalisse del caro-energia si accende in un presidio permanente di autotrasportatori incazzatissimi. È gente esausta, con le natiche imbullanate al sedile 12 ore al giorno, il portafoglio sgonfio, il volto di Putin sullo sfondo di un gasdotto chiuso; e con i serbatoi dei camion che oramai sembrano ciucciare oro fuso.
I Tupamaros autostradali optano per il ferro e il fuoco, elevano agli dei del diesel e del metano preghiere feroci; e se ne stanno al bivacco ostruzionista tra Foggia e San Severo, Carapelle e Lucerna, San Gregorio di Catania e il casello di Caianello tratto casertano della A1. Apparecchiano la loro protesta attraverso un gigantesco tappo di Tir che ostruisce le arterie autostradali d’Italia. E, di conseguenza, anche la nostra filiera industriale rischia l’ictus.
La prima grande conseguenza del gasolio alle stelle (tra 1,728 e 1,867 euro al litro: un 30% in più, in proiezione, che include pedaggi, gomme, grida d’allarme inascoltate-) sono, appunto, codesti sit-in sparsi; sono i “trattori –lumaca” che viaggiano in fila indiana a passo d’uomo, facendo sbulinare auto e automobilisti.
Sono l’intero blocco della circolazione che sta mettendo in ginocchio il Paese e intasando le vie di transito dal sud alle grandi gole d’asfalto del nord. In queste ore succede di tutto. La mitica Statale 16 tra Puglia e Molise è bloccata. La Statale 17 altezza Campobasso è un senso unico a singhiozzo presidiata da minacciosi mezzi agricoli. L’A18 sicula accoglie permanentemente i «professionisti della strada» -così si definiscono - che in modo volontario si fermano per prendere parte al presidio. E, una volta lì, evocano la “concorrenza sleale”: il rincaro dei prezzi che non terrebbe conto del costo della vita. In Sicilia, peraltro, tra le ragioni della protesta oltre l’aumento del gasolio, spiccano i costi esosi per traghettare da Messina a Reggio Calabria; e quindi la mancanza «di una continuità territoriale, oltre la difficile praticabilità dell'autostrada della Palermo-Catania». Non a caso il governatore Musumeci incontra i camionisti come fossero ad un convegno di Jimmy Hoffa, il sindacalista dei truck drivers che rischiò d’infiammare l’America negli anni 60. Ma non è tutto. La geografia della paralisi stradale si estende di ora in ora; viaggia di pari passo con l’annessione del Donbass alla Russia.
Nel porto di Bari le merci sfilate dai container annegano nelle sabbie mobili di cortei e blocchi. E là non si riesce a scaricare una nave carica di mais per l’alimentazione degli animali – rivela Coldiretti Puglia – mentre «le quotazioni dei principali elementi della dieta degli animali, dal mais alla soia, sono già schizzati su massimi che non si vedevano da anni con il rischio di perdere capacità produttiva». Nel foggiano, nel corso della protesta, un manifestante finisce intubato in terapia intensiva a causa d’uno sbrego lungo un braccio che un automobilista gli ha scavato su un fianco. Lo stesso automobilista, alla vista dei mezzi in colonna, nel fare marcia indietro, ha rischiato di asfaltare i manifestanti. Trattasi d’un pazzo a piede libero, ed è stato arrestato; ma, da qui in poi, le scene di ordinaria follia rischiano di ripetersi.
E, se uno guarda più a nord, anche il Porto San Vitale di Ravenna, è fermo sin dall’alba. L’aumento dei prezzi del diesel – media finora del 67% con punte del 98%- mobilita le masse disperate. E può avere conseguenza incendiarie. Per Coldiretti il blocco dei Tir porta a «un danno dell’85% di prodotti deperibili come frutta e verdura, oltre al rischio di scaffali vuoti per la mancanza di forniture all’industria alimentare».
Per Federdistribuzione «tutto questo può arrecare enormi danni economici a tutta la filiera agroalimentare, oltre che disagi ai consumatori». E non bastano certo sei sindaci coraggiosi -quelli di Comiso, Acate, Vittoria, Santa Croce Camerina e Ragusa- a schierarsi al fianco dei produttori del settore ortofrutticolo e florovivaistico contro la protesta. Né sono sufficienti gli ululati degli autotrasportatori allo Stato “traditore”, affinché arrivino nuovi fondi per sterilizzare il caro prezzi.
Certo Ucraina e Covid rubano la scena ai camion immobilizzati in strada e sullo scacchiere internazionale d’un Risiko immaginario; ma la minaccia di destabilizzare il nostro stesso sistema produttivo resta dietro l’angolo. E, viste le notizie ucraine, sarà sempre peggio...