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Reddito di cittadinanza? No, è diventato un vitalizio: cosa svelano i dati, la vergogna firmata M5s

Benedetta Vitetta
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Ora abbiamo anche l'ufficializzazione dell'Inps: il reddito di cittadinanza è un grande, enorme fallimento. Innanzitutto per lo Stato visto quanto costa: nei primi 3 anni dall'avvio del sussidio l'importo sborsato dalle casse statali è stato di ben 20 miliardi di euro. E se ha funzionato come misura contro la povertà, certo non si può dire sia stata una sorta di passaggio verso l'inserimento nel mondo del lavoro. Infatti da un paper pubblicato dall'Istituto Nazionale di Previdenza emerge che circa il 70% di coloro che hanno iniziato a percepire il beneficio tra l'aprile e il giugno del 2019 lo aveva ancora anche nell'ultimo semestre del 2021. Ovviamente, come sappiamo il dato risente dell'effetto dell'emergenza sanitaria legata alla pandemia e al conseguente aumento delle difficoltà nella ricerca del lavoro ma, nonostante ciò, i dati restano allarmanti visto che il Rdc non è riuscito a centrare uno dei 2 obiettivi per cui era nato.

 

Nel periodo considerato- ossia nei 33 mesi da quando la misura è partita nell'aprile 2019- sono stati oltre 2 milioni i nuclei familiari, pari a 4,65 milioni di persone coinvolte, che hanno ricevuto il pagamento di almeno una mensilità. «Tra le persone che hanno beneficiato della prestazione ci sono neonati e centenari, componenti di famiglie numerose e persone che vivono da sole, e c'è chi ne ha beneficiato per un solo mese e chi, invece, per oltre due anni» si legge nel documento pubblicato dall'Inps, «studenti, lavoratori, titolari di pensione, inattivi e fianche persone che nel frattempo sono decedute. Un insieme vasto, articolato, eterogeneo, accomunato dall'assenza o carenza di reddito familiare».

Analizzando nel dettaglio il paper si nota che meno di quattro su dieci (38,5%) sono percettori di breve o medio periodo (hanno percepito da 1 a 18 mensilità dall'avvio del sussidio), mentre più di 6 su dieci (61,5%) sono invece beneficiari di lungo periodo. In più concentrandosi sulle diverse tabelle inserite nel documento si nota che la persistenza, ossia la permanenza del beneficio, sembra essere per lo più legata alla nazionalità del richiedente, alla composizione del nucleo familiare, e all'area geografica di residenza. Tra chi ha iniziato a prendere il beneficio tra l'aprile e il giugno 2019 i persistenti sono prevalentemente italiani, single e abitano nel Sud o nelle Isole. A dicembre 2021 il 44,7% dei nuclei beneficiari erano monocomponenti e il 67,3% senza minori. I nuclei con disabili il 17%. Mentre l'importo medio è di 546 euro, molto differenziato tra Rdc (577 euro) e Pdc, Pensione di cittadinanza (281 euro).

 

Ma l'ennesima controprova che il Reddito di cittadinanza è sì valido per contrastare la povertà ma completamente inefficace nel combattere la disoccupazione arriva dall'analisi longitudinale dei beneficiari che evidenzia che su 100 soggetti che percepiscono il sussidio, quelli "teoricamente occupabili" sono poco meno di 60. Di questi ben 15 non sono mai stati occupati, 25 lo sono stati ma in passato, e meno di 20 hanno una posizione contributiva recente, in molti casi con Naspi e part-time. In buona sostanza i beneficiari del reddito sono in gran parte lontani dal mercato del lavoro. Ecco spiegata la loro permanenza tra i beneficiari.

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