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Prezzi e rincari, Coldiretti: in piazza già migliaia di agricoltori. La lettera-appello a Mario Draghi per sbloccare 2,7 miliardi

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Sono già migliaia gli agricoltori, allevatori e pastori con trattori e animali al seguito che hanno lasciato le campagne e invaso le città, da nord a sud del Paese contro le speculazioni con i prezzi per le famiglie che corrono mentre i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono neanche a coprire i costi di produzione. Una mobilitazione generale in una trentina di città da Milano a Firenze, da Piacenza a Cagliari, da Palermo a Cosenza, da Salerno fino a Roma dove in Piazza Santi Apostoli è già arrivato presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini tra bandiere con il tricolore nazionale e gialle della Coldiretti. In piazza anche la mucca “Giustina” simbolo della battaglia per un prezzo del latte giusto ed onesto. E’ stato allestito il “tavolo della verità” per far conoscere ai consumatori i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori per i principali prodotti che mettono nel carrello. Presenti molti giovani agricoltori preoccupati per il loro futuro. Numerosi i cartelli di protesta alzati dai contadini esasperati: “Il lavoro va pagato”, “Non ci ha fermato il Covid, ci provano gli speculatori”, “Il latte delle nostre mucche è la vostra colazione”, “Non possiamo produrre in perdita”, “Agricoltori e consumatori vittime della guerra dei prezzi”, “Troppo comodo speculare sulla nostra pelle”, “Draghi aiutaci tu”. In piazza anche una stalla con pannelli fotovoltaici sul tetto per chiedere di sbloccare i finanziamenti per lo sviluppo delle energie rinnovabili dall’agricoltura
 
 
LETTERA APPELLO AL PREMIER 

Una lettera appello al Presidente del Consiglio Mario Draghi per chiedere interventi immediati per l’agroalimentare Made in Italy e difendere l’economia, il lavoro ed il territorio, contro speculazioni e rincari. A scriverla sono il presidente della Coldiretti Ettore Prandini e il Segretario generale Vincenzo Gesmundo, in occasione della grande mobilitazione con decine di migliaia di allevatori ed agricoltori che, con trattori e animali, hanno lasciato le campagne per scendere in piazza da Nord a Sud d’Italia e gridare la propria intenzione di non volersi fermare, nonostante siano sempre più strozzati dalle speculazioni. 
 
“La difficile situazione congiunturale determinata dal significativo aumento del costo dell’energia e dal parallelo aumento dei mangimi e dei concimi – si legge nella missiva -, sta facendo venir meno una soglia di ‘soddisfazione’ per l’andamento delle imprese che stava risalendo e mettendo radici a partire dagli anni difficili che hanno fatto seguito alla grande crisi, prima finanziaria poi economica, del 2009. Una soglia di soddisfazione che nel giro di pochi mesi è crollata dal 38% al 20%. Al di là di questo vissuto, a preoccuparci, tuttavia, sono soprattutto l’oscurità e l’incertezza per il futuro, con oltre 1 impresa su 5 (21%) che si dichiara incerta circa la situazione economica della propria impresa nei prossimi 12 mesi.    
 
Coldiretti e i suoi associati nel corso della loro storia, hanno sempre saputo che la ‘stabilità’ costituisce il più prezioso dei terreni per garantire sviluppo e benessere. Il suo Governo rappresenta in questo momento, l’unica chiave di possibile stabilità per il paese anche grazie all’impegno e ai progetti del Pnrr, che offrono prospettive all’italia. Ci rivolgiamo quindi a lei, nella consapevolezza che lei possa creare le condizioni per uscire da un’impasse, determinata dai rincari energetici e dall’affaticamento dell’apparato burocratico ministeriale. Per dare respiro al mondo agricolo e restituire ad esso traiettorie di speranza e di futuro le risorse ci sono e non sono mai state così elevate. 
 
Le chiavi normative per farlo hanno soltanto bisogno di essere adeguatamente efficientate. È urgente che almeno una parte delle risorse del Pnrr già stanziate per l’agricoltura, come gli 1,2 miliardi per i contratti di filiera e 1,5 miliardi per il fotovoltaico senza consumo di suolo, vengano messe a disposizione quanto prima delle nostre imprese con semplici decreti ministeriali. Già così parte di un’incertezza che sta assumendo caratteri minacciosi, sarà dissolta. 
 
Se inoltre sul fronte del credito, grazie alla sua moral suasion nei confronti degli istituti bancari, riuscissimo ad incentivare operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole attraverso la garanzia del 100% pubblica e gratuita di Ismea, le nostre aziende tornerebbero a respirare. Quanto le chiediamo è quindi semplice: sbloccare in tempi brevissimi un flusso di risorse - inspiegabilmente ‘fermo’ da mesi - capace di accelerare il piano di transizione ecologica e alleviare il peso del debito, senza uccidere la capacità di investimento delle aziende.  Si tratta – conclude la lettera al premier Draghi - di un passo agevole, basta dare immediata e pratica attuazione alla normativa necessaria. Coldiretti continuerà sempre a battersi per dare risposte concrete alle imprese e al Paese”.
 
 
 Un AGRICOLTORE SU 3 TAGLIA RACCOLTI 
 
Con l’esplosione dei costi energetici quasi un agricoltore italiano su tre (30%) è oggi costretto a ridurre la produzione di cibo, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese. E’ quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixe’ diffusa in occasione della grande mobilitazione con decine di migliaia di allevatori ed agricoltori con trattori e animali che hanno lasciato le campagne per scendere in piazza da Nord a Sud d’Italia, a partire dalla Capitale in piazza Santi Apostoli.
 
I rincari dell’energia – sottolinea la Coldiretti – stanno avendo un impatto devastante sulla filiera, dal campo alla tavola, in un momento in cui con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e aumenti dei prezzi di beni essenziali che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare. Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi di produzione – sottolinea Coldiretti - rischia, infatti,  di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale, senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 73%.
 
Se i prezzi per le famiglie corrono, i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori – denuncia Coldiretti - non riescono, neanche a coprire i costi di produzione con il balzo dei beni energetici che si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali. Per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea. Un doloroso paradosso per chi sino ad oggi non ha mai smesso di lavorare durante la pandemia, evidenziato dal “tavolo della verità” allestito per l’occasione, per far conoscere ai consumatori i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori per i principali prodotti che mettono nel carrello. Il latte, ad esempio, viene pagato agli allevatori appena 38 centesimi al litro, mentre un coltivatore di pomodoro da industria per la passata si vede corrispondere addirittura 10 centesimi al chilo, secondo l’analisi Coldiretti. Non va meglio per chi produce grano per il pane, pagato 31 centesimi al chilo, né per le arance, dove il prezzo in campagna è di 43 centesimi al chilo, che scendono a 18 centesimi al chilo nel caso delle carote.
 
Con l’avvio delle operazioni colturali gli agricoltori – spiega la Coldiretti – sono costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre – continua Coldiretti – l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%). Per non parlare dell’emergenza siccità che costringerà quest’anno ad aumentare il ricorso all’irrigazione con i costi energetici alle stelle.
 
Il risultato è che quest’anno produrre cereali, come ad esempio il grano, costa agli agricoltori italiani 400 euro ad ettaro in più, mentre per i produttori di olio extravergine d’oliva e di vino i costi medi di produzione sono aumentati del 12%, secondo un’analisi Coldiretti Ma il boom dei costi energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre per piante e fiori con rincari del 30% e i vivai che sono oggi costretti a produrre praticamente in perdita. Nel giro di un anno la bolletta mensile di un’azienda florovivaistica media è passata, infatti, da 1700 euro a 6100 euro. E ad aumentare sono pure i costi per la pesca, con la flotta nazionale costretta rimanere in banchina. 
 
Ma più in generale il rincaro dell’energia – continua la Coldiretti – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Con il paradosso che molto spesso costano di più gli imballaggi del cibo che contengono. Ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.
 
“Serve un deciso intervento per contenere la bolletta energetica nelle campagne e garantire continuità della produzione agricola ed alimentare” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che occorre anche “responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle. ll Pnrr – conclude Prandini – è fondamentale per affrontare le sfide della transizione energetica e digitale e noi siamo pronti per rendere l’agricoltura protagonista utilizzando al meglio gli oltre 6 miliardi di euro a disposizione per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali”.
 
 
 
TRE LITRI DI LATTE PER PAGARE UN CAFFE’, CRACK STALLE
 
Per poter pagare un caffè al bar gli allevatori italiani devono mungere tre litri di latte pagati solo qualche decina di centesimi alla stalla, ben al di sotto dei costi di produzione in forte aumento per i rincari di mangimi ed energia. E’ quanto afferma la Coldiretti che si è mobilitata con decine di migliaia gli allevatori, agricoltori e pastori con trattori e animali al seguito che dalle campagne hanno invaso le città italiane a partire dalla Capitale in piazza Santi Apostoli dove è mobilitata anche la mucca “Giustina” simbolo della battaglia per un prezzo del latte giusto ed onesto. 
 
“Non possiamo produrre in perdita”, “Il latte delle nostre mucche è la vostra colazione”, “Il latte non è acqua”, “Mungiamo le mucche, non gli allevatori”, “Senza stalle la montagna muore” recitano alcuni cartelli di protesta. Ma ci sono anche gruppi di giovani allevatori travestiti da mucche che rumoreggiano sbattendo bidoni di latte drammaticamente vuoti  
 
“Non si può aspettare oltre per fermare la speculazione in atto sul prezzo del latte alla stalla” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “a rischio c’è il futuro di 26mila allevamenti alle quali va riconosciuto il giusto compenso che tenga conto dei costi di produzione sempre più alti, dalla bolletta energetica ai mangimi”. Il latte agli allevatori – spiega Coldiretti – non deve essere pagato sotto i costi di produzione considerato che gli aumenti vanno dal +70% per l’energia con picchi del 110% al +40% per i mangimi. 
 
Secondo l’indicatore sintetico Milk Feed, elaborato dall’Ismea, che confronta il prezzo del latte alla stalla con quello di un pasto tipo per le mucche composto da mais e farina di soia, nell’ultimo anno – spiega Coldiretti - si è scesi sotto la soglia ritenuta "critica", segnale della sofferenza degli allevamenti. Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, - sottolinea Coldiretti - ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, molto al di sotto del prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.
 
Una crisi che colpisce un sistema che ogni giorno lavora per garantire con una produzione nazionale che supera le 12 milioni di tonnellate all’anno esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro, gestisce 1,6 milioni di capi, occupa oltre 100.000 persone secondo l’analisi della Coldiretti
 
Le difficoltà dei produttori di latte sono peraltro la punta dell’iceberg di una situazione di diffusa sofferenza dell’intero all’allevamento italiano che coinvolge anche – continua la Coldiretti - i bovini da carne, gli ovicaprini, i suini e gli avicoli che devono affrontare anche le emergenze peste suina ed influenza aviaria
 
“La stabilità della rete zootecnica italiana ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate, dall’interno alla montagna”.
 
Per evitare il crollo del sistema è necessario – sostiene Coldiretti – vigilare contro le pratiche commerciali sleali e fermare i contributi pubblici per aziende agroalimentari che pagano il latte sottocosto con l’avvio di una indagine dell’Autorità Ispettorato del Mipaaf su tutte le industrie e le catene della GDO che stanno speculando sul prezzo del latte e degli altri prodotti. Serve – conclude Coldiretti - poi lo sblocco immediato dei pagamenti Agea di 26 milioni di euro per aiuti agli allevatori di bovini da latte fermi da agosto 2021, lo sblocco dei pagamenti per 90 milioni di euro dei fondi zootecnia aiuti Covid del Mipaaf e aiuti per gli allevatori di razze autoctone in crisi a valere sui fondi per le filiere.
 
 
DALLE STALLE IL 10% GAS NAZIONALE E FOTOVOLTAICO SUI TETTI CASCINE 
 
Con lo sviluppo del biometano agricolo Made in Italy “dalla stalla alla strada” è possibile immettere nella rete 6,5 miliardi di metri cubi di gas “verde” da qui al 2030 e arrivare a rappresentare il 10% del fabbisogno della rete del gas nazionale, riducendo la dipendenza del Paese dall’estero e fermando i rincari che stanno mettendo in ginocchio le imprese. E’ quanto emerge da un’analisi Coldiretti diffusa in occasione della grande mobilitazione con decine di migliaia di allevatori ed agricoltori con trattori e animali che hanno lasciato le campagne per scendere in piazza da Nord a Sud d’Italia. In piazza Santi Apostoli a Roma mobilitata anche la mucca “Giustina” simbolo della battaglia per un prezzo del latte giusto ed onesto.
 
Con i rincari di elettricità e gas, la promozione di rete energetiche alternative rappresenterebbe un contributo determinante alla transizione green ma anche per contrastare l’aumento dei costi per famiglie e imprese. In questo senso l’agricoltura gioca un ruolo strategico. Partendo, ad esempio, dall’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti – sottolinea la Coldiretti – è possibile arrivare alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano a livello nazionale per alimentare le flotte del trasporto pubblico come autobus, camion e navi oltre alle stesse auto dei cittadini.
 
In questo modo sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica in materia di carburanti green. Gli impianti di biogas in Italia – spiega la Coldiretti – oggi producono 1,7 miliardi di metri cubi di biometano ma è possibile quadruplicare questa cifra nel giro di meno di dieci anni con la trasformazione del 65% dei reflui degli allevamenti.
 
Ma un aiuto importante potrebbe venire anche dal fotovoltaico pulito ed ecosostenibile per il quale – ricorda Coldiretti - sono tra l’altro previsti 1,5 miliardi di euro di fondi nell’ambio del Pnrr. Secondo uno studio di Coldiretti Giovani Impresa solo utilizzando i tetti di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole sarebbe possibile recuperare una superficie utile di 155 milioni di metri quadri di pannelli con la produzione di 28.400Gwh di energia solare, pari al consumo energetico complessivo annuo di una regione come il Veneto.
 
“E’ importante cogliere le opportunità che vengono dall’economia circolare dotando il Paese di una riserva energetica sostenibile attraverso un fotovoltaico “intelligente” che non consuma suolo fertile e una rete per il biometano” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare peraltro l’importanza in tale ottica di sbloccare la proroga degli incentivi al biogas e finanziamento degli impianti che hanno presentato domanda al Gestore dei Servizi energetici (Gse) per favorire la transizione ecologica, trasformando gli sprechi in energia, e di dire sì al digestato come fertilizzante per evitare di fare un favore alle multinazionali straniere. 

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