Welfare aziendale, "più costo che beneficio"? Perché è un preconcetto (e quali sono gli impegni presi da Orlando)
Una “certa sorpresa” l’annuncio dello sciopero dei sindacati. Andrea Orlando disegna, intanto, un welfare al passo. Il benessere aziendale andrebbe inteso in accezione moderna. Ciò impone lo sforzo di ripensare al concetto radicato, quanto sbagliato, di considerarlo un costo. In questo che il ministro Orlando - sorpreso dalle motivazioni dello sciopero appena annunciato dai sindacati su una manovra che “sicuramente rafforza le garanzie per i lavoratori” e “aumenta le risorse sul fronte del sociale" - definisce un “passaggio storico” nel quale il welfare viene ancora insistentemente equiparato ad uno “spreco”, con l’innovazione digitale, imponendosi un cambio radicale delle modalità di organizzazione del lavoro e dei flussi di processo, dovrebbe venir fuori una visione finalmente moderna.
Idealmente corrisponderebbe a necessità, dal momento che quella per la transizione digitale è una sfida di adesso, europea e globale. Per noi, dice il ministro, è soprattutto comunitaria. La Commissione UE va verso il decennio digitale di società ed economia unionali a partire dal piano operativo del 15 settembre scorso, dove ha indicato una governance alla cui base sta un meccanismo di cooperazione tra Stati per raggiungere la transizione digitale come leva di modernizzazione e maggiore protezione sociale.
Protezione sociale, sì, i cui sistemi sono “fondamento di una collettività e costituiscono uno dei tratti distintivi delle società europee". “La capacità di una comunità di farsi carico delle persone attraverso una rete di sicurezza solidale che si declina in servizi e prestazioni”, vantaggiosa per l'individuo e per la società tutta. Qui sta il pensiero moderno sul welfare che il ministro esprime in occasione pubblica.
Come in ogni altra fase evolutiva, anche nell’epoca della transizione digitale nuovi e inediti problemi chiedono però soluzioni. Ad esempio, l’Intelligenza artificiale definisce nuove forme di lavoro; come conseguenza, cambia l’accesso agli strumenti di welfare per alcune categorie di lavoratori, quelli con percorsi non più tradizionali.
Ebbene, modernizzare i nostri sistemi di welfare significa trovare forme di accesso anche per quei lavoratori.Ed invece, il welfare in Italia è “in larga parte ancora costruito su contratti a tempo indeterminato mentre le dinamiche in atto nel mercato del lavoro evidenziano la crescita di altre fattispecie contrattuali”. Contraddizione, dunque. Che “rischia di creare delle sacche di “vuoto”, di “non copertura” e incertezza per quei lavoratori che non riescono, durante la loro vita lavorativa, a soddisfare le condizioni minime necessarie per l’esercizio dei diritti alle prestazioni erogate dai sistemi di protezione sociale contributivi.”.
In definitiva, la sfida della digitalizzazione “deve agire come impulso per sollecitare nuovi modelli di partecipazione democratica che permettano di tutelare l’individuo come generatore di dati, come lavoratore e come cittadino.” L’ impegno del ministro, che è impegno del Governo. Modernizzare significa anche ripensare le modalità di organizzazione del lavoro; “evolvere verso un cambiamento culturale e organizzativo interno”, puntando su stili di leadership originali e su una cultura manageriale orientata all’innovazione e alla valorizzazione del talento.
Ripensare il welfare in chiave moderna non ha che ricadute positive, sull’azienda e sul lavoratore. Motivazione e soddisfazione, clima interno, reputazione aziendale, benessere organizzativo, brand image, capacità di attrarre i talenti. Ripensare il welfare in chiave moderna riduce, viceversa, gli aspetti negativi del carico fiscale per le aziende e per i lavoratori, dell’assenteismo, dei comportamenti a rischio, del turnover patologico, dello stress correlato.
Sarà che se valutiamo solo i benefici retributivi siamo fuori pista? Va, all’opposto, valutato l’ambiente di lavoro nel suo complesso, in termini di opportunità di crescita e di flessibilità offerta negli orari e luoghi di lavoro, e in termini di conciliazione tra esigenze personali e professionali.Iniziative moderne di welfare aziendale, nella misura in cui vengono ben progettate e condivise, divengono un valido strumento per la People Strategy. In Italia?
Il rinnovamento dei modelli organizzativi e dei processi aziendali diventa (finalmente) una priorità; l’adozione di progetti di welfare assume ruolo centrale. Le direzioni sono diverse, per un’unica idea di benessere: si va dalla progettazione di piattaforme digitali per la gestione dei servizi di welfare all’ampliamento del paniere di servizi usufruibili all’esterno, all’introduzione di accordi territoriali o aziendali per convertire il premio di produzione in servizi di flexible benefit. Si va.
A cura di redigo.info