Pensioni, battaglia tra Matteo Salvini e Mario Draghi: sette giorni decisivi per il futuro del governo
Braccio di ferro sulle pensioni. A ridosso del via libera del documento programmatico di Bilancio, il governo si trova a dover fare i conti con qualche nodo che crea malumori tra i partiti. Primo di tutti Quota 100. Il cavallo di battaglia sembra essere superato dal premier Mario Draghi che apre a Quota 102 (64 anni di età più 38 di contributi) nel 2022 e 104 nel 2023. Una proposta che trova però le barricate del Carroccio intenzionato a trovare "una mediazione" per poter garantire un fondo in grado di anticipare le finestre in uscita. Una misura "insostenibile", la definisce Repubblica riprendendo il pensiero del presidente del Consiglio. La sola concessione maggiore? Alla platea dei lavori gravosi, già allargata.
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Anche questo non trova appoggio nel partito di Matteo Salvini, che non è disposto ad accettare che per le pensioni ci sia uno stanziamento minore di quello impiegato per il Reddito di cittadinanza. A spiegarlo è Tiziana Nisini, sottosegretaria leghista al Lavoro: "Arrivare a un compromesso va anche bene, ma 8 miliardi per il reddito di cittadinanza sono troppi. È una misura di assistenzialismo che mette in difficoltà il mondo del lavoro, noi parliamo ogni giorno con imprenditori che a causa del sussidio non trovano manodopera. Bisogna che una parte di quei fondi sia spostata sulle pensioni, in modo da favorire il ricambio generazionale".
Il punto è che la trattativa non sembra avere grandi margini di manovra. Per l'intesa ci sono sette giorni a disposizione. Certo, lo "strappo" appare improbabile, a parole tutti lo scartano, eccezion fatta per Claudio Borghi. Per ora, insomma, nessuno evoca segnali di rottura. Ma una mancata intesa sulle pensioni potrebbe seriamente cambiare le carte in tavola, ossia il modo di porsi della Lega nei confronti del governo Draghi.
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L'ex numero uno della Bce non intende comunque indietreggiare con il Carroccio così come con il ministro del Pd Dario Franceschini. Tra i due - come svealto dal Corriere della Sera - ci sarebbe stato un diverbio. Il titolare del ministero della Cultura non avrebbe preso bene la decisione del premier di interrompere per il 2022 il bonus facciate. Anche su questo tema Draghi sarebbe irremovibile.
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