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Reddito di cittadinanza, ecco perché i conti della finanziaria non tornano: Draghi, attenzione...

Sandro Iacometti
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Prima il Documento programmatico di bilancio, con lo scheletro della manovra, poi le norme con le misure vere e proprie della legge di bilancio. È questa la tabella di marcia del governo, salvo imprevisti. Oggi il Dpb dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri, dopo una riunione della cabina di regia della maggioranza, per essere trasmesso a Bruxelles che lo attende dal 15 ottobre. La manovra dovrebbe invece essere esaminata in una riunione successiva, forse alla fine della settimana, al rientro di Mario Draghi dal Consiglio europeo, e dopo l'incontro con le parti sociali. La legge di bilancio parte da una base di 22-23 miliardi garantiti dall'extra deficit. Sono quattro i nodi principali che il governo dovrà affrontare: reddito di cittadinanza, pensioni, taglio del cuneo fiscale e riforma degli ammortizzatori sociali. Nella Nadef il governo si è impegnato ad avviare la prima fase della riforma dell'Irpef e degli ammortizzatori sociali e a mettere a regime l'assegno unico universale. La riforma complessiva del fisco sarà solo anticipata in manovra. E secondo quanto viene riferito, è più probabile che il governo opti per un intervento sull'Irpef che un taglio del cuneo contributivo. Tuttavia, tra le ipotesi al vaglio c'è la cancellazione del contributo Cuaf, la cassa unica assegni familiari, che costa circa 2 miliardi ed è a carico dei datori di lavoro. Con l'introduzione dell'assegno unico bisognerà infatti decidere se i datori di lavoro dovranno continuare a versare il contributo oppure se queste risorse arriveranno da altrove.

 

 

COSTO DEL LAVORO
L'esecutivo potrebbe impegnare una fetta di risorse superiore a quelle preventivate attingendo proprio all'extra deficit e mettere in campo interventi più robusti anche sul cuneo fiscale. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ieri è tornato a chiedere un intervento coraggioso e le imprese premono per una riduzione dell'Irap o, se le risorse non lo consentiranno, uno sfoltimento dei contributi. Ma anche Forza Italia è in pressing. E ieri il ministro per gli Affari Regionaloli, Maria Stella Gelmini, ha collegato la sforbiciata delle tasse sul lavoro al problema dell'obolo grillino, spiegando che "in consiglio dei ministri bisogna combattere per fare in modo che ci siano le stesse risorse sia per il reddito di cittadinanza che per il taglio del cuneo fiscale". 

 

 

SUSSIDIO
Se per il sussidio pentastellato appare scontato un restyling, ben diversa è la posizione del centrodestra, con la Lega in prima fila a chiedere l'abolizione totale, che già la scorsa settimana si è scontrato col resto della maggioranza in occasione del rifinanziamento fino alla fine del 2021 previsto dal decreto fiscale che accompagnerà la legge di bilancio. Nella legge di bilancio dovrebbe arrivare una revisione della platea dei beneficiari, riducendo quindi le coperture per il 2022. Tra le ipotesi c'è quella di più controlli, con una stretta antifurbetti, e una spinta ad accettare proposte di lavoro, con un meccanismo di decalage dell'assegno che scatterebbe, nel caso di rifiuto, dalla seconda offerta di lavoro. La novità riguarderebbe un terzo degli aventi diritto, coloro che sono ritenuti "occupabili". Ma sugli oltre 8 miliardi che costerà nel 2021, è chiaro che il Carroccio non si accontenterà di un taglio di pochi spiccioli alle risorse destinate alla misura. Altro capitolo caro alla Lega è la previdenza: sul piatto ci sarebbe una dote di 4-5 miliardi per il post Quota 100. Dote ovviamente insufficiente a compensare adeguatamente il cavallo di battaglia leghista. Diverse le soluzioni allo studio per garantire un canale di uscita a 62-63 anni, in aggiunta all'Ape sociale rafforzata, che dovrebbe essere però più selettivo, ovvero destinato solo ad alcune categorie o setto rio con un assegno ridotto. In serata è circolata l'ipotesi di introdurre una fase transitoria di due anni con Quota 102, ovvero 38 anni di contributi e 64 anni di età. Il nodo che sta a cuore al Pd è invece la riforma degli ammortizzatori sociali. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha chiesto 8 miliardi ma la dote a disposizione dal Tesoro al momento è di 3-4 miliardi. Per recuperare risorse anche i Dem spingono per un taglio dei soldi destinati al reddito grillino.

 

 

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