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Giovanni Consorte finito in disgrazia: ricordate Unipol e "la banca di Fassino"? Rovina economica, 16 anni dopo

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Una quindicina di anni fa, il nome di Giovanni Consorte era sulla bocca di tutti. L'estate del 2005 era quella dei "furbetti del quartierino", di Ricucci e del celeberrimo "abbiamo una banca" che Piero Fassino, all'epoca segretario dei Democratici di sinistra, domandò con entusiasmo al telefono proprio a Consorte, presidente di Unipol. Il gigante assicurativo "rosso" era a un  passo dall'acquisizione di Bnl, un colpaccio per la sinistra italiana perché in grado di spostare gli equilibri tra finanza, economia reale, politica e poltrone.

Un risiko all'italiana che di fatto perà costò la carriera ad altissimo livello sia a Fassino sia a Consorte. A distanza di tempo da quella imbarazzante intercettazione, scrive Andrea Giacobino nella sua rubrica "Poltronissima" sul Tempo, ecco una nuova tegola per il super manager nato a Chieti nel 1948. Un provvedimento, si legge, che "sancisce l'irregolarità dei suoi comportamenti" quando, lasciata Unipol, "decise a fine del 2007 di far nascere a Bologna la merchant bank Intermedia, che aveva soci eccellenti".

"Intermedia, però - ricorda Giacobino sul quotidiano romano diretto da Franco Bechis -, è finita in un mare di guai e in un mare di perdite finché nel capitale è entrato l'imprenditore bolognese Alfredo Cazzola, classe 1950 e ideatore fra l'altro del Motor Show, che con la sua Finalca ne è diventato primo socio col 35% circa". Il guaio è che Consorte non aveva garantito la stabilità della sua creatura: "Quando Cazzola ha preso in mano la situazione s'è accorto della disastrosa gestione di Consorte e nel 2017 ha avviato un'azione di responsabilità. Grazie all'esito positivo del lodo arbitrale la società (che ora si chiama Mint Street Holding) ha incassato da Consorte 1,6 milioni di euro e l'ex manager ha dovuto anche cedere 11,4 milioni di azioni, pari al 3,2% della sua ex creatura". Decisamente non una fine trionfale.

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