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La troika ricatta i greci:se volete aiuti, lavorate 6 giorni

Bce, Fmi e Ue ordinano ad Atene: da lunedì e sabato in azienda per aumentare la produttività e alzare il Pil nazionale
di Matteo Legnani domenica 9 settembre 2012

3' di lettura

  Tra le misure che la “troika” avrebbe chiesto al governo greco come garanzia, e quindi in cambio, del prestito di 31 miliardi di euro, ci sarebbe anche l’aumento della settimana lavorativa dagli attuali cinque giorni a sei. L’indiscrezione arriva dal settimanale greco Imerisia, che avrebbe “intercettato”, si fa per dire, una mail indirizzata al ministero delle Finanze e del Lavoro di Atene. La stessa mail, inviata dagli ispettori della “troika”,  contiene quelle proposte già in fase di discussione, nonostante i “capi” della stessa non siano ancora fisicamente arrivati ad Atene.  Fonti del ministero, le stesse che probabilmente hanno girato la mail a Imerisia,  confermano, ma fanno anche sapere che non si tratta di proposte nuove, che è da un po’ che se ne discute, e che il governo di Atene può sempre non accettarle. Vero, ma è anche vero che se non le accetta non arrivano i soldi, ed è poi pure vero che se non arrivano i soldi, la Grecia esce dall’Europa con tutto ciò che ne consegue...  Un ricatto insomma, perché se non è un ricatto come lo vogliamo chiamare? Il ricatto, appunto, è inserito in un’altra serie di misure più o meno condivisibili che mirano a scardinare i privilegi di cui hanno goduto i lavoratori ellenici in questi anni, e che, secondo gli ispettori,  hanno in buona parte contribuito a portare la Grecia nello stato in cui si trova. Tra queste, la mail cita la riduzione del riposo minimo tra un turno e l’altro di lavoro a 11 ore, e l’eliminazione delle restrizioni nei cambi di turno tra mattina e sera, a seconda delle esigenze del datore di lavoro. Ma poi c’è anche il taglio della metà degli indennizzi previsti per chi viene licenziato e l’eliminazione dei termini di tempo ai quali si deve attenere il datore di lavoro per comunicare la rescissione del contratto. Questo significa che grazie alla “troika” l’imprenditore potrà licenziare il lavoratore dall’oggi col domani, ovvero in tronco. Per ultimo arriva la riduzione dei contributi al Fondo di sicurezza sociale che pagano le imprese per ogni dipendente.  Difficile immaginare che cosa succederebbe in Italia se anche qui fossimo costretti a chiedere gli aiuti all’Unione Europea e se quest’ultima in cambio ci imponesse sacrifici draconiani come quelli che sta chiedendo alla Grecia. A questo va poi  aggiunto che anche se Atene, a voler essere obiettivi, se l’è cercata, la settimana lavorativa di sei giorni anziché cinque per un Paese che di fatto non produce nulla, non avrebbe alcun effetto concreto, se non quello di esasperare gli animi, più di quanto non lo siano già. Ricordiamo poi che in questo momento in Grecia la disoccupazione è del 23,1%, del 59% nel caso dei lavoratori minori di 25 anni. Più ore di lavoro concentrate nelle mani di pochi potrebbe anche avere il deleterio effetto di togliere quei residui piccoli spazi di inserimento ai disoccupati.  Venerdì arrivano ad Atene i capi della Troika per negoziare il prestito da oltre 31 miliardi di euro e i primi tagli da 11. Il premier greco Samaras chiede una proroga di due anni per onorare gli obiettivi fissati. È un braccio di ferro scontato, prepariamoci al peggio. di Carlo Nicolato  

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