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Le città dove la casa costerà di più: i Comuni che hanno aumentato le aliquote

A Roma, Napoli e Torino più cara la prima abitazione
di Lucia Esposito domenica 10 giugno 2012

2' di lettura

Non si è ancora fermata, a meno di due settimane, la corsa dei Comuni per deliberare le aliquote più alte di quelle base (che sono del quattro per mille sulla prima casa e e del 7,6 per mille sulla seconda). Secondo l'Osservatorio sulle tasse locali della Uil servizio politiche territoriali, su 104 capoluoghi di provincia il 40% ha deliberato gli aumenti. Il 23% dei Comuni hanno aumentato le aliquote. La  mano più pesante è stata usata per le seconde abitazioni che in aluni casi hanno registrato aliquote massime del 10,6%. La ricognizione fatta dall'Osservatorio e riportata dal quotidiano Repubblica prende in considerazione rendite catastali medie riferite a un immobile semi-centrale e tiene conto delle detrazioni per circa due figli. Ebbene, tra le città  più care ci sono Roma dove l'Imu sulla prima casa pesà mediamente 639 euro di cui 154 dovranno essere versati con l'acconto di un terzo, calcolato sull'aliquota base lunedì 18 giugno. A Torino  Milano l'aliquota resta del 4 per mille sulla prima casa peserà di circa 427 euro di cui 142 a giugno. A Napoli si pagheranno 303 euro di cui 82 a giugno. A Firenze 288 euro di cui 96 a giugno. Elevatissime le cifre per la seconda casa (a Roma si sta sui 1.885 euro, a Milano sui 1739).  Le tre scadenze Per quanto riguarda le scadenze a parte quella di lunedì 18 giugno, che sarà la batosta meno forte in quanto la rata si calcola ancora sul quattro per mille anche nwei Comuni in cui è stato previsto un aumento, la seconda è al ritorno dalle vacanze estive, 1il 17 settembre e si calcolerà sempre con l'aliquota base. La vera e propria mazzata arriverà più tarda, sarà il secondo "regalo" di Natale del governo Monti: su questa terza tranche, infatti, potranno ricadere gli aumenti dell'aliquota base che i Comuni non sono riusciti a decidere prima di settembre. Ma non è finita qui, perché se entro il 10 dicembre il governo dovesse scoprire che il gettito complessivo non produrrà i 21,4 miliardi previsti potrà con un decreto aumentare ulteriormente le aliquote. 

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