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Anche Confindustria sta con Libero: Monti non aumenti l'Iva

di Lucia Esposito domenica 24 giugno 2012

3' di lettura

Centinaia di mail, telefonate, lettere. E altre importati adesioni. La campagna di «Libero» insieme agli imprenditori ha fatto breccia fra i lettori e gli attori del made in Italy. Il messaggio è semplice, ma proprio per questo è forte. «Caro presidente del Consiglio, i consumi sono in caduta libera. Aumentare l’Iva sarebbe mortale. Bisogna evitarlo a tutti i costi». Già ieri ci avevano messo la faccia i rappresentanti di milioni di lavoratori: Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, Sergio Marini, numero uno di Coldiretti, Roberto Snaidero, leader di FederlegnoArredo, Mario Resca, capo di Confimprese, Marco Venturi, presidente di Confesercenti, Andrea Tomat, guida di Confindustria Veneto, Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare, Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio dei dottori commercialisti ed esperti contabili, Mario Guidi, leader di Confagricoltura, Luigi Bordoni, numero uno di Centromarca, Giuseppe Politi, capo degli agricoltori di Cia, e Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni. E ieri ha aderito al nostro appello anche il presidente di Confindustria, ovvero Giorgio Squinzi.  Il successore della Marcegaglia aveva già espresso pareri negativi sull’austerity praticata da questo governo:  «Il problema è che in Italia abbiamo deciso di rientrare in modo troppo rapido e sproporzionato alle nostre forze sul deficit». E «questo ha depresso i consumi, con gli  italiani che «stanno tirando la cinghia, avendo meno soldi da spendere». In realtà - ha spiegato ieri il numero uno degli industriali - «è necessario agire   rapidamente per favorire gli investimenti, anche stranieri, adeguare   il nostro mercato del lavoro a quello degli altri Paesi europei,   rilanciare la crescita economica quale presupposto indispensabile per   il superamento dei problemi che affliggono il nostro Paese». E con un aggravio dell’Iva, dal 21 al 23 per cento, e dal 10 al 12%, certamente non si torna a crescere, semmai si rischia l’impantanamento dell’economia. Un black-out cui contribuirà la riforma del lavoro. Dopo averla definita «boiata», ieri Squinzi si è limitato a etichettare  la riforma  come  «un’occasione persa». Secondo Confesercenti, «il   calo della fiducia registrato - ai minimi dal 1996, data di inizio   delle serie storiche - è il risultato non solo della lunga recessione,  ma anche di un’eccessiva pressione fiscale, che ha compresso i   consumi, e della visibile assenza di un piano per tornare a   crescere». Anche Rossano Soldini, imprenditore calzaturiero ed ex leader dell’Anci si schiera contro l’aumento dell’imposta sui consumi:  «Nel tessile abbigliamento le vendite stanno calando del 30-40 per cento: un disastro. Molti negozi sono destinati a chiudere. Alzare l’Iva  sarebbe un disastro, ma se proprio si deve va tassativamente esentato il  made in Italy». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Alberto Marchiori, presidente di Confcommercio International ed Enrico Zanetti, direttore Eutekne.info.   E poi numerosissimi sono i lettori che ci hanno scritto, anche alle sei del mattino, poco prima di andare a lavorare: c’è chi dà ricette per recuperare i soldi necessari ad evitare il rincaro dell’Iva. Ma quasi tutti (pubblichiamo alcune lettere a pagina 4) testimoniano il disagio nel mandare avanti l’azienda, piccola o grande che sia. Una signora ci ha detto che il giorno prima il suo negozio aveva incassato «solo 20 euro». Con più tasse quei venti diventerebbero zero. di Giuliano Zulin

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