E' il Pasta Day, Italia primo produttore al mondo. Ed è record per l'export

I dati Cia e Coldiretti in occasione del 'World Pasta Day 2013'
domenica 27 ottobre 2013
E' il Pasta Day, Italia primo produttore al mondo. Ed è record per l'export
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Roma, 25 ott. (Adnkronos) - Non c'è crisi per la pasta italiana, che 'resiste' sulle tavole nonostante il crollo dei consumi e continua incontrastata a conquistare i mercati stranieri. Sul fronte 'spaghetti company', il Belpaese non ha rivali e batte ogni primato: l'Italia resta il primo produttore al mondo con 3,3 milioni di tonnellate per un controvalore di 4,6 miliardi di euro, il primo consumatore con 26 chili pro capite e il primo esportatore con 1,9 milioni di tonnellate. E' quanto afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in occasione del 'World Pasta Day 2013'. "Nonostante il lieve calo delle quantità acquistate (-1 per cento nei primi otto mesi del 2013) dovuto alle difficoltà economiche delle famiglie -spiega la Cia- la pasta resta uno dei piatti più amati dagli italiani. Che, per non rinunciarci, con la crisi si sono piuttosto orientati verso confezioni 'low-cost' e format distributivi più convenienti come i discount (+4,5 per cento), portando a una riduzione della spesa per tagliatelle e rigatoni del 9 per cento circa". "Gli italiani, quindi, rimangono i maggiori consumatori mondiali di pasta, con una netta preferenza per la pasta secca (22 chili a testa) rispetto a quella fresca (4 chili)", ricorda la Cia sottolineando che "seguono a notevole distanza i venezuelani con 13 chili a persona, i tunisini (11,9 chili), i greci (10,4 chili), gli svizzeri (9,7 chili), gli svedesi (9 chili), gli americani (8,8 chili), i cileni (8,4 chili), i peruviani (8,3 chili) e i francesi (8 chili)". Ma l'Italia mantiene anche la leadership di primo produttore globale: nel 2012 - spiega la Cia - gli Stati Uniti si sono fermati a 2 milioni di tonnellate, il Brasile a 1,3 milioni di tonnellate e Russia e Turchia a meno di un milione di tonnellate annue. Di contro il nostro Paese, con 3,3 milioni di tonnellate prodotte, resta al primo posto mondiale e continua a volare oltreconfine. Nel 2012 l'export è cresciuto del 7 per cento - evidenzia la Cia - e anche il primo semestre di quest'anno il trend si mantiene positivo con il +6 per cento. In particolare, il 73 per cento delle esportazioni finisce nei piatti dei consumatori europei, il 13 per cento negli Usa e il 14 per cento nel resto del mondo. Ma con un 'boom' senza precedenti nei nuovi mercati emergenti, prima di tutto la Cina (+60 per cento). Un successo a cui contribuiscono anche i nostri agricoltori - conclude la Cia - che continuano a coltivare grano duro nonostante i problemi strutturali del comparto: i costi produttivi sempre più alti, i prezzi sui campi non remunerativi e troppo soggetti alle fluttuazioni dei mercati internazionali e l'assenza di politiche mirate per il settore. Coldiretti conferma il successo sul fronte export. "Non si è mai mangiata così tanta pasta italiana all'estero e la giornata mondiale della pasta si festeggia quest'anno con il record storico delle esportazioni che raggiungono per la prima volta i 2 miliardi di chili tra penne, tagliatelle, spaghetti ed altro spediti e consumati all'estero", rileva una analisi della Coldiretti, sulla base delle proiezioni su dati Istat relative all'anno 2013. "La pasta in un momento di crisi vince anche perché garantisce un importante apporto nutrizionale a costi contenuti ed è un simbolo del cibo Made in Italy particolarmente apprezzato all'estero. Nonostante i risultati positivi raggiunti sul mercato quest'anno però - denuncia la Coldiretti - il grano duro viene sottopagato agli agricoltori italiani su valori di 25 centesimi al chilo, inferiori di circa il 20 per cento rispetto allo scorso anno, che non riescono neanche a coprire i costi di produzione. Una situazione che rischia di far chiudere le aziende agricole e che è favorita dalla mancanza della trasparenza in etichetta dove - spiega la Coldiretti - non è ancora obbligatorio indicare la provenienza del grano impiegato ed è quindi possibile spacciare come italiano quello importato da Paesi lontani con effetti sulla sicurezza alimentare e sull'ambiente".