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Caos casa: saltano gli sgravi sugli affitti e la prima abitazione torna pignorabile

di Ignazio Stagno domenica 11 maggio 2014

4' di lettura

Maledetta casa: pure il premier Matteo Renzi sta andando in confusione sul mattone. Con un risultato già scritto: che a pagare il conto dell’ennesimo pasticcio del governo, alla fine, sono sempre i contribuenti, quelli che hanno solo l’abitazione principale - pagata coi sacrifici di una vita e i risparmi faticosamente accumulati - e ora corrono il rischio di vedersela portare via da Equitalia. Ricordate la norma sull’impignorabilità delle prime case? L’aveva varata l’esecutivo di Enrico Letta a giugno dello scorso anno, su input preciso del Popolo delle libertà, allora pilastro delle larghe intese volute dal Quirinale. Fatto sta che a distanza di quasi un anno, Renzi ha deciso di beffare le famiglie italiane. A svelare il blitz, come spiegato ieri sul Sole 24 Ore, è stato il sottosegretario all’Economia. Rispondendo a un’interrogazione parlamentare, mercoledì, Enrico Zanetti ha gelato i proprietari di casa: lo scudo, ha detto l’esponente di Scelta civica, non vale per il passato. Non sono immuni da pignoramento, cioè, le abitazioni oggetto di espropriazione disposta prima del 22 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto «fare». Per oltre un anno Equitalia, la società dell’Agenzia delle Entrate incaricata di riscuotere le tasse, è andata avanti nell’incertezza. Tant’è che in una direttiva interna, destinata agli esattori locali, varata a luglio 2013, aveva espressamente congelato la faccenda, riservandosi di interpellare il Tesoro. E il chiarimento, anche se a distanza di ben 10 mesi (alla faccia della certezza del diritto), è arrivato: niente retroattività, sentenzia via Venti Settembre, sulle norme più favorevoli per i contribuenti. Norme che, pertanto, bloccheranno i soli atti esecutivi successivi al giugno dello scorso anno. Per quelli precedenti - e c’è da immaginare che non siano pochi - le prime case sono pignorabili. Il tema è scivoloso: il Tesoro si è aggrappato al fatto che la legge del 2013 - scritta chiaramente coi piedi (e questa non è una novità), visto che lascia spazio a dubbi e quindi apre le porte a interpretazioni «amministrative» non irrilevanti - non prevede espressamente la retroattività. Ragion per cui, secondo via Venti Settembre, non si potrebbe allargare il raggio d’azione della protezione sulle prime case anche al passato. Una contraddizione clamorosa, come osserva il quotidiano finanziario: perché quando si tratta di allungare le mani nelle tasche dei contribuenti, il fisco, in barba allo Statuto del contribuente, rende le stangate retroattive. I recenti aumenti delle addizionali regionali alle imposte sui redditi o il ritorno del prelievo Irpef sulle seconde case sfitte dimostrano chiaramente che le norme tributarie possono essere arbitrariamente spostate sul calendario. E più che cavilli normativi, sono evidenti scelte politiche. E stavolta - manco a dirlo - il governo ha «scelto» di punire il contribuente, assestando una mazzata su una categoria debole, le famiglie proprietarie della casa in cui vivono. Renzi ha voluto stracciare un’importante garanzia introdotta nell’ordinamento italiano, creando, forse, una disparità di trattamento della quale potrebbe occuparsi, a questo punto, financo la Corte costituzionale. Tutto questo mentre, ieri, al Senato, sono stati introdotti - salvo essere bocciati dopo un paio d’ore - gli sgravi sugli affitti. La misura era stata spinta da Sinistra ecologia e libertà che aveva fatto approvare, nelle commissioni Lavori pubblici e Ambiente di palazzo Madama, diversi emendamenti al «decreto legge casa». Immediato il no, per ragioni di copertura finanziaria, della commissione Bilancio a molte correzioni: dalla proroga dei benefici per gli inquilini che denunciano il nero al fondo anti Tasi utilizzato per il bonus affitti, passando per la cedolare secca al 10% per i canoni concordati. Subito dopo, ovviamente, la polemica. «Il Partito democratico - ha attaccato la Lega con il senatore Paolo Arrigoni - si diverte con il gioco delle tre carte. Nel 2014 si rischiano tre miliardi di tasse in più sulla prima casa». Il relatore al provvedimento, Stefano Esposito (Pd), ha chiesto l’intervento del governo per cercare di correre ai ripari. Martedì, infatti, quando le commissioni torneranno a riunirsi, occorrerà sciogliere anche il nodo del nuovo bonus mobili, che il Parlamento vorrebbe svincolato dalle spese di ristrutturazione edilizia. Bonus sul quale il Tesoro ha fatto sapere di non avere particolari obiezioni, considerando che una norma simile in passato ha già ottenuto il via libera della Ragioneria. Il problema principale sarebbe costituito anche in questo caso dalla retroattività della norma (che sarebbe valida a partire da giugno 2013) a causa dei costi, che però secondo alcuni conti dovrebbero essere più che compensati dalle entrate. Il che dimostra che la retroattività è ballerina. Quanto allo scudo sulle abitazioni principali, resta da fare una riflessione: il giro di vite sulla casa sembrerebbe avere un obiettivo non dichiarato in Parlamento. L’esecutivo, in effetti, ha appena prorogato al 31 maggio il termine per aderire alla sanatoria delle cartelle esattoriali di Equitalia: coloro che rischiano di perdere immobili hanno, adesso, una buona ragione per correre alla cassa, pagare e ingrassare così il gettito statale. Guarda caso nello stesso giorno in cui Zanetti illustrava la beffa sull’impignorabilità, Equitalia diffondeva un comunicato stampa per ricordare la nuova scadenza per rottamare le pendenze. La strategia del fisco per terrorizzare il contribuente, studiata a tavolino, è questa: «Ti spavento così corri a fare il versamento». Ma diranno che si tratta di una (sfortunata) coincidenza ... di Francesco De Dominicis @DeDominicisF

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