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Fisco, con il 730 precompilato di Renzi i sindacati possono spiarci il conto corrente

di Giulio Bucchi domenica 8 febbraio 2015

3' di lettura

Non bastava Serpico. Oltre agli ispettori dell’Agenzia delle entrate e al cervellone elettronico custodito nei sotterranei della Sogei (il cui minaccioso acronimo significa Servizi per i contribuenti) tra qualche mese il Grande fratello fiscale si allarga ai sindacati e ai loro Caf. Dal prossimo 15 aprile, infatti, che lo vogliate (e lo sappiate) o no, il vostro stipendio, le vostre case, le vostre polizze e gran parte della vostra vita tradotta in spese detraibili o deducibili finiranno online sul sito dell’Agenzia delle Entrate. È la grande rivoluzione del 730 precompilato, che dovrebbe annientare la burocrazia e consentire ai contribuenti di pagare le tasse sorseggiando comodamente una tazza di tè sulla propria poltrona. Per qualche giovane ragioniere con un po’ di conoscenze informatiche, forse, sarà così. Per tutti gli altri, una buona parte di quei 20 milioni di dipendenti e pensionati interessati dall’innovazione, sarà inevitabile rivolgersi ad un intermediario abilitato. Una volta entrati in possesso del pin per accedere al servizio telematico dell’Agenzia delle entrate (la procedura non è proprio immediata) il contribuente avrà vita facile solo se intende consegnare la dichiarazione dei redditi senza cambiare una virgola (mettendosi così al riparo dai controlli del fisco). Ipotesi, almeno per quest’anno, molto remota, considerato che le spese sanitarie da detrarre saranno integrate nel precompilato solo dal 2016. In caso contrario (si stima una quota del 70%), il modello 730 dovrà essere verificato, corretto e modificato, un po’ come succedeva con la vecchia dichiarazione da stilare sulla base del Cud. Ed ecco allora entrare in gioco il professionista. Sarà lui, dietro compenso da parte del contribuente (20-40 euro) e dello Stato (13,40 euro che saliranno a 15,40 nel 2016 e 16,90 nel 2017) a svolgere le operazioni necessarie al nostro posto. Il problema è che a differenza degli scorsi anni, quando eravamo noi a dover portare Cud e documenti al fiscalista, questa volta Caf e commercialisti le informazioni le trovano già in rete. Sono tutte lì da metà aprile e per consultarle basta il nostro codice fiscale. Un codice che può essere tranquillamente prodotto conoscendo nome, cognome e data di nascita dell’interessato. Certo, il professionista dovrà avere in mano una nostra delega firmata. Ma la garanzia resta debole. Basti pensare, ad esempio, che l’autorizzazione ad accedere ai nostri dati, in mancanza di una revoca formale, dura quattro anni. Oppure che la legge prevede la possibilità di poter consultare il proprio 730 presso più Caf e intermediari. La sostanza è che d’ora in poi tutti i nostri dati sensibili (conti correnti, stipendio, assicurazioni sulla vita, immobili, barche, vetture e, dal 2016, anche medicine e malattie) saranno accessibili non solo ai funzionari del fisco, cosa non troppo rassicurante, ma anche a un esercito sterminato di ragionieri, commercialisti e sindacalisti (che controllano la maggior parte dei Caf). Sulla questione ha già acceso un faro il Garante della privacy, che in passato fu puntiglioso sul nuovo redditometro e che ora potrebbe chiedere ulteriori difese per la riservatezza del contribuente. Tra le soluzioni sul tavolo quella di vincolare l’accesso dei professionisti al possesso di codici più elaborati (come la tessera sanitaria) e non facilmente replicabili senza la collaborazione del titolare. Un’ipotesi che avrebbe già riscontrato il dissenso dei Caf. di Sandro Iacometti twitter@sandroiacometti

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