L’aumento dell’Iva fa tremare i consumatori e pure le aziende. Che lanciano l’allarme rosso: l’eventuale innalzamento dell’imposta sul valore aggiunto, su cui sta ragionando il governo per tappare i buchi dei conti pubblici, farebbe crollare i consumi, metterebbe al tappeto le famiglie e si rivelerebbe un boomerang sul versante del gettito fiscale. Questi gli argomenti che, per tutta la giornata, sono stati utilizzati ieri da organizzazioni imprenditoriali e associazioni dei consumatori con l’obiettivo di convincere l’esecutivo di Matteo Renzi a rimettere nel cassetto l’ipotesi di ritoccare le aliquote agevolate del balzello su beni e servizi. La botta vale oltre 51 miliardi di euro spalmati su tre anni, dal 2016 al 2018. E gli effetti per famiglie e imprese, come accennato, potrebbero essere devastanti. A lanciare le prime cannonate contro palazzo Chigi, alle 11 di mattina, è stata Coldiretti. L’attacco frontale è stato chiuso nel pomeriggio, alle 17, da Unimpresa. In mezzo, il fuoco di fila di Confesercenti, Federconsumatori, Adusbef e Codacons. A fine giornata, sul tavolo ci sono una sfilza di numeri e dati che dovrebbero servire per convincere l’ex sindaco di Firenze a cancellare la stangata Iva. Stangata che, tanto per cominciare, cagionerebbe un aggravio di spesa per le famiglie italiane di 1,35 miliardi l’anno per la frutta, di 650 milioni per il pane e di 100 milioni per le uova fresche. Complessivamente, secondo Coldiretti, l’innalzamento delle due aliquote agevolate (4% e 10%) a una aliquota unica al 15% farebbe schizzare il costo totale del «carrello della spesa». Per l’associazione dei coltivatori ci sarebbe, perciò, «un effetto depressivo sui consumi già in calo anche nell'alimentare con il carrello della spesa degli italiani che nel primo semestre si è ulteriormente svuotato e pesa l'1,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente anche se segnali incoraggianti si intravedono per la fine dell’anno anche grazie all’aumento di 80 euro in busta paga per alcune categorie di lavoratori». Sensibile alle corde dei consumi pure il Codacons che bolla la misura come «follia allo stato puro» con i cittadini che ridurrebbero gli acquisti «fino al -2%». Acquisti che, secondo Federconsumatori e Adusbef, «solo nell'ultimo triennio» sono già diminuiti del «10,7%, ovvero 77,6 miliardi in meno sul mercato». L’aggravio per le famiglie sarebbe di 205 euro l’anno. Le due associazioni parlando di «scelta demenziale» e la loro posizione non è troppo diversa da quella delle micro, piccole e medie imprese rappresentate da Unimpresa: il presidente Paolo Longobardi sostiene che «in una fase così critica il ricorso alla leva fiscale come ancora di salvezza per tutelare la salute delle finanze pubbliche è una mossa scellerata». A correre i rischi maggiori sono i commercianti, al punto che Confesercenti si è mostrata preoccupata addirittura per gli effetti derivanti dalle sole indiscrezioni: «Il solo annuncio di un ulteriore incremento dell’imposta porterebbe inevitabilmente a deprimerli ancora di più e ad accelerare le chiusure delle imprese che fanno riferimento al mercato interno». Non è la prima volta che si pensa all’Iva come ciambella di salvataggio. Anzi. Tra settembre 2011 e dicembre 2012 l’aliquota «ordinaria» (20%) è stata portata prima al 21% e poi al 22%. E le casse dello Stato hanno accusato il colpo. L’incremento Iva viene immediatamente scaricato sui prezzi finali praticati ai consumatori, ragion per cui i consumi gioco forza calano. Sempre il Codacons ha stimato che la riduzione del gettito è stata pari al 3,5 miliardi. Il governo, stavolta, mentre pensa al reverse charge (versamento a carico di chi paga, per combattere le frodi) sempre per la legge di stabilità, vuole intervenire sulle aliquote agevolate. Cioè le aliquote applicate su beni e servizi di prima necessità che, in buona parte, rientrano nei cosiddetti «consumi incomprimibili», cioè fissi. Tuttavia, scommettere sui livelli inalterati di spesa delle famiglie è un po’ come puntare alla roulette. Specie in una situazione così drammatica, con i consumatori pronti a ridurre anche gli acquisti di alimenti e medicinali pur di risparmiare e far fronte alle emergenze. Ma piuttosto che intervenire sulla spesa pubblica con tagli incisivi (la spending review di Carlo Cottarelli è stata di fatto abbandonata su un binario morto), palazzo Chigi preferisce il gioco d’azzardo. di Francesco De Dominicis