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Ue, Matteo Renzi e la guerra contro il rigore. Dalla Spagna alla Grecia, tutti gli alleati di Angela Merkel

di Giulio Bucchi sabato 5 luglio 2014

3' di lettura

"No all'Europa delle banche e della burocrazia". Matteo Renzi da qualche giorno ha messo sul piatto il disco della lotta comune contro i freddi tecnocrati di Strasburgo, Bruxelles e Berlino. All'estero, qualcuno maliziosamente ha parlato di "Grande Bellezza" che sfida "il rigore". Il guaio, per il premier e per noi, è che l'Italia nella battaglia ha molti meno alleati di quanti si creda. Angela Merkel, Bce e Fmi negli anni scorsi hanno fatto piangere molti, eppure quegli stessi Stati messi in ginocchio allora oggi stanno con la Cancelliera. Dal 3% al debito pubblico - Sul piatto ci sono tre questioni cruciali per l'Unione europea e per i suoi membri. Il deficit pubblico che non può superare il 3%, il pareggio di bilancio strutturale e il debito pubblico. Nel primo caso, l'Italia è in linea di galleggiamento con la previsione della Commissione europea che fissa il rapportro tra deficit e Pil al 2,6 per cento. Sul pareggio di bilancio strutturale, invece, sebbene l'Italia l'abbia inserito in Costituzione l'obiettivo è lontano: non possiamo superare i 48 miliardi, ma al momento Roma sfora dello 0,7 per cento. Ultimo punto, il più critico: il debito pubblico è al 135,2%, il più alto dell'Eurozona, e non accenna a diminuire. E' questo fardello che preoccupa tutti i membri dell'Unione e non solo gli ultra-rigoristi. Chi sta con Berlino - Il timore diffuso è che con una nuova crisi economico-finanziaria, saranno i paesi più deboli dal punto di vista del debito ad essere colpiti dalla febbre dello spread, rischiando di trascinare nel baratro anche i paesi in migliore salute. Il "debito" come tabù non è solo un mantra della Merkel o della Bundesbank. Dello stesso parere sono anche i Paesi che hanno sopportato cure quasi mortali per migliorare: Portogallo, Grecia, Spagna, Irlanda. Al momento, chi "ha già fatto i compiti a casa" sta con i falchi del rigore, dalla Germania all'Olanda, dalla Svezia alla Finlandia. L'Inghilterra, insieme ai paesi dell'Est, è alla finestra. Con Renzi e l'Italia di fatto c'è solo la Francia, che ha però un debito pubblico meno pesante. Il problema è anche politico: Renzi e Hollande sono gli unici grandi esponenti dei Socialisti europei, mentre gli altri Paesi mediterranei sono tutti governati da membri dei Popolari europei. Angela e le poltrone amiche - Non è un caso che il premier spagnolo Mariano Rajoy nei giorni scorsi si sia sbilanciato: "Non è bene far aumentare il debito, perché non è bene spendere ciò che non si ha: il primo obbligo è tenere sotto controllo la finanza di stato e lavorare per la crescita". L'impressione è che a Renzi non basti l'alleato Hollande, peraltro in grave difficoltà interna, per abbattere il muro dei rigoristi. La Commissione Ue, che deciderà su parametri e loro eventuali modifiche, sarà presieduta dal popolare Juncker, che sulla carta cercherà una difficile mediazione tra Ppe e Pse. A fine anno verrà eletto il prossimo presidente del Consiglio Ue e dopo Van Rompuy potrebbe essere il turno della danese Thorning Schmidt. Progressista all'acqua di rose, molto più vicina al Ppe che al Pse. Chi è il suo più grande sponsor? La Merkel, naturalmente. Che in questi mesi ha imbottito l'unione di tedeschi nei posti che contano.

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