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Rendimenti, Boccia (Pd): "Sì aumenti solo se cala l'Irpef. Sfido Renzi sui tagli ai manager della P.A."

di Giulio Bucchi domenica 16 marzo 2014

3' di lettura

Francesco Boccia, Pd, economista, presidente della Commissione Bilancio della Camera, lettiano fino al midollo, lei sul tassare le rendite finanziarie è scettico... «Condivido la tesi di fondo di Renzi, ma se innalzi la tassazione delle rendite dal 20% al 26% deve scattare un meccanismo di compensazione diretta alla riduzione proporzionale dell’Irpef; mi rendo conto che le due cose non sono compatibili, ma se avvii il meccanismo in automatico inneschi un circolo virtuoso. La percentuale media europea è del 25, 5%, la mia proposta è passare dal 20% al 23% (escludendo i titoli di Stato): e tanto più aumenti la tassazione sulle rendite tanto più abbassi l’Irpef». Ma, alla fine, tassare le rendite rende? «Secondo i miei calcoli l’aumento delle rendite finanziarie di 1 punto non vale più di 230/240 milioni: ci ricavi 1,4 miliardi all’incirca» Il presidente Renzi dice 2,6 milioni... «Evidentemente qualcosa non torna. Ma i miei non sono dati a capocchia. Li usiamo per controllare i bilanci e certificare gli emendamenti per le coperture». E lei l’ha detto a Renzi? «Se continua a comunicare soltanto su Twitter diventa un po’ complicato...» Comunque diciamo che delle sue proposte v’è traccia parlamentare. «Sì, dai tempi di Bersani ministro dell’Economia. Ma se vuole agire sulle rendite finanziarie, devono essere abolite pure tutte le patrimonialine nelle pieghe della burocrazia, che affossano il risparmiatore» "Patrimonialine"? «Le faccio un esempio per tutte: il cosiddetto “fissato bollato”, un’imposta secca che, per chi ha un patrimonio - facciamo - di 50mila euro con un utile fisso di 1300/1400 euro, ti porta via ben il 10%. Ecco, facciamo una battaglia per il fissato bollato». E facciamola. Però forse è più opportuno concentrarsi sulle coperture delle riforme. «Allora parliamoci chiaro. I 10 miliardi sull’Irpef ci stanno, però stiamo raschiando il barile della manovra Letta, che aveva lasciato già 3 miliardi cash in bilancio, già previsti per il cuneo, e ora li abbiamo messi sui redditi personali. Sul rapporto deficit/Pil, Letta lasciò il salvadanaio del 2,6%. Ora, escludendo di portarlo al 3% (varrebbe 6,3 miliardi) perché sarebbe pericoloso, credo che Renzi conti di innalzarlo fra il 2,8% e il 2,9% per un ritorno tra i 3,5 e i 4,5 miliardi. Poi gli servono i 3 miliardi della spending review, e se conosco Cottarelli, per questioni di tempi, saranno da tagli lineari» E qui arrivano le sue proposte di legge depositate oggi... «Sì. Se si trattava di passare solo da 2,6% a 2,9% (sempre che l’Europa lo permetta) lo facevamo anche io e lei davanti a una pizza. Però, per dare lo choc devi fare una manovra vera , la “manovra Renzi”: devi tagliare per trovare altri 10 miliardi che a mio parere è necessario mettere anche sull’Irap» E codesti denari, scusi, dove li si trova? «Be’, la politica è fatta di scelte; non potendo fare debiti, due le proposte: taglio graduale degli stipendi della Pubblica Amministrazione oltre i 90mila euro in tre fasce del 6%, 7% e 8% per gli stipendi oltre i 248mila euro. Per un risparmio lordo di 4,5 miliardi l’anno. Eppoi gli incentivi alle imprese: dal 2014 eliminare gli incentivi “a bando”, quelli dove regna la discrezione politica e s’annidano spreco e corruzione» È la proposta Giavazzi. Partì col tagliare 30 miliardi, Monti lo fece scendere prima a 10 miliardi e poi a 500 milioni... « Appunto. Sarà dura....». di Francesco Specchia

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