Madrid indica la via per battere la crisi

di Matteo Legnanidomenica 22 giugno 2014
Madrid indica la via per battere la crisi
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Viva il nuovo re, giù le tasse! Nel primo consiglio dei ministri dell’era di Felipe VI il premier spagnolo Mariano Rajoy ha lanciato il guanto di sfida all’austerità: giù le tasse per famiglie ed imprese senza procedere, però, all’aumento dell’Iva suggerita dal Fondo Monetario e da Bruxelles. Una mossa forte, in parte imprevista. Ma con metafora calcistica, si potrebbe dire che il governo di centro-destra ha preso atto che la tattica cara alla Nazionale Roja, del tiki-taka, (passaggi corti, tiri in porta solo a colpo sicuro) di questi tempi non paga più: meglio un arrembaggio, con l’obiettivo esplicito di far goal, (cioè vincere le elezioni) nel novembre del 2015. Basta con la politica dell’austerità imposta in questi anni da Berlino all’Europa. La manovra messa a punto dal ministro del Bilancio Cristòbal Montoro prevede tagli progressivi di imposte per tutti, famiglie ed imprese, per complessivi 7,6 miliardi a regime. In particolare è previsto che l’Irpef scenda già quest’anno dell’8% per calare al 12,5% tra due anni. In cifre, ha spiegato il vice premier Soraya Sanz de Santamaria, i contribuenti spagnoli con un reddito inferiore ai 24 mila euro (il 62% circa) risparmieranno il 23 per cento rispetto a quanto pagano oggi. Ovvero, «venti milioni di spagnoli - ha dichiarato davanti alle telecamere Montoro - avranno cinque miliardi in più di reddito». Lo stesso ministro ha illustrato nei dettagli la «rivoluzione»: gli scaglioni Irpef scenderanno da 7 a 5; per i contribuenti più deboli l’aliquota scenderà subito dal 24 al 20%, per poi calare al 19% nel 2016; anche per i contribuenti più ricchi è previsto un taglio dal 52% attuale al 45%, con l’obiettivo manifesto di attrarre manager e professionisti da fuori. Il taglio alle imposte per i privati, infatti, si accompagna a iniziative sul fronte corporate: l’aliquota nominale sui redditi societari scenderà l’anno prossimo dal 30 al 28% per poi assestarsi al 25% nel 2016. In questi modo viene a cadere ogni differenza tra grande e piccola impresa ma, a vantaggio delle pmi, vengono introdotti vantaggi in materia di accantonamenti, con l’obiettivo di favorire l’autofinanziamento, la quotazione in Borsa e l’indipendenza dalle banche. Insomma, una vera rivoluzione che viola i dogmi dell’austerità Ue: Madrid procede a una robusta manovra espansiva nonostante il Paese sia abbondantemente sopra il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil imposto dai parametri di Maastricht. Secondo quando concordato, infatti, la Spagna dovrebbe rientrare nei limiti previsti solo nel 2016, dopo aver segnato un rapporto pari al 5,6% quest’anno, addirittura del 6,1% l’anno prossimo. Ce la farà Madrid a rispettare la tabella di marcia? Di sicuro il percorso sarà ben diverso da quello suggerito dalla commissione, a aprtire dall’arcigno Ollie Rehn. Basta con i tagli, compresa la riduzione degli stipendi agli statali. La scommessa è che i quattrini che non finiranno più in tasse possano alimentare la crescita e, di riflesso, favorire anche gli introiti del fisco. Secondo le stime del governo, il solo taglio dell’Irpef comporterà di qui al 2016 un incremento del pil pari allo 0,55% che andrà ad aggiungersi all’1,1% già previsto per il 2014 (+1,4% nel 2015). Ma l’obiettivo è più ambizioso: Rajoy, al pari dei rivali socialisti che a settembre eleggeranno la leadership che dovrà contendere il primato ai popolari, è consapevole che la sfida che conta di più, al di là delle pagelle dei partner comunitari, è quella dell’occupazione. Non è possibile garantire la ripresa e, in prospettiva, la tenuta stessa dell’unità nazionale in presenza di un tasso di disoccupazione che supera, nonostante i primi lievi progressi, il 26,3%, cifra che sale al 45 % abbondante tra i giovani. C’è un filo logico, insomma, che lega la «rivoluzione fiscale» al disagio politico e istituzionale (vedi referendum di settembre in Catalogna). Perciò, avanti senza indugi, come, del resto, Madrid ha già fatto con la bad bank, l’operazione di successo di cui in Italia il governo Monti (su imbeccata di Berlino) non volle nemmeno sentir parlare. La lezione? Il coraggio, quando è ben impiegato, paga. Adelante Mariano. E che stavolta qualcuno a Roma ne segua le orme. di Ugo Bertone