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Scontrini, addio dal 2019: il grosso rischio per la nostra privacy

di Davide Locano domenica 7 ottobre 2018

2' di lettura

Novità importanti spuntano nel primo dei tanti decreti fiscali che nei prossimi mesi accompagneranno la manovra del «governo del cambiamento». In sintesi: da gennaio gli operatori Iva, eccetto i soggetti «minimi», dovranno emettere fattura elettronica. Da luglio la ricevuta di carta sparirà poi al supermercato - contribuenti con un volume d’affari sopra i 400mila euro l’anno - e dal 2020, riguarderà tutti. Insomma, via scontrini di carta: forse li riceveremo sul telefonino. Converrà comunque conservarli, anche se il cosiddetto cervellone dell’Agenzia delle Entrate conoscerà anche se compriamo un pacchetto di cicche. Già, perché fra un anno e mezzo partirà la lotteria degli scontrini: a sorte saranno estratti codici vincenti. Come al Lotto, i contribuenti potranno incassare premi. E pensare che Di Maio ha fatto una crociata contro i giochi... Leggi anche: Grande Fratello Fiscale, la mossa in banca che ti condanna Dobbiamo gioire o piangere per queste novità? Innanzitutto va spiegato che la fattura elettronica è stata introdotta dai governi Renzi-Gentiloni, sempre rimandata, per non far arrabbiare soprattutto le piccole e micro imprese, che ricordiamo rappresentano circa il 92% delle aziende italiane. Perché si è deciso di abolire il vecchio blocco fatture? Si sa: lo Stato pensa che con la digitalizzazione si potrà tracciare qualsiasi transazione dei contribuenti. In modo da combattere l’evasione. Sarà così? Sulla carta sì. In realtà ci sono parecchi dubbi. Se un soggetto non emetteva fatture cartacee, continuerà a non emetterle. Esiste già lo spesometro, che ha in mano tutti i dati di artigiani, commercianti e aziende. Ma se, nonostante questa enorme banca dati, l’evasione dell’Iva è ancora di 40 miliardi l’anno (record europeo), significa che la tecnologia non può combattere la criminalità. Sul fronte scontrini virtuali invece dovremmo festeggiare il fatto che non dovremo più temere di essere puniti dalla Guardia di Finanza se in tasca non abbiamo la ricevuta del gelato acquistato, per esempio. C’è però un problema di privacy non da poco: per inviare lo scontrino, il gelataio dovrà chiederci una mail o il numero di telefono per spedirci l’attestazione della consumazione. E perché dovremmo dare in giro i nostri dati personali? L’Inps non può effettuare visite fiscali ai falsi malati perché il garante della Privacy sostiene che non bisogna mettere a repentaglio la riservatezza delle persone, e io dovrei lasciare il mio numero di telefono a un barista qualsiasi? Il quale barista, povero, avrà dei costi in più. E ulteriore burocrazia da sopportare per rispettare la nuova legge. Certo, il governo ha già previsto sconti del 50% per chi acquista apparecchi adatti all’emissione della fattura o dello scontrino digitale. Ma se ci sono le risorse per far agevolare l’acquisto di un registratore di cassa nuovo, perché non ci sono i quattrini per assumere più gente che vada a controllare i territori dove c’è una discrepanza macroscopica tra redditi dichiarati e consumi effettuati? Lì c’è evasione, lo sappiamo tutti. Ma lo Stato preferisce controllare chi controllava già. Fa meno fatica. E questo sarebbe «il cambiamento»? di Giuliano Zulin

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