Investimenti, le truffe sulle pagine Facebook che ti rovinano: dove non dovete mettere i soldi
I dati della Consob sulle truffe finanziarie via Internet, un' opportuna nota di commento sul quotidiano finanziario più autorevole, Il Sole 24 Ore, e un tweet con cui il presidente dei consulenti finanziari italiani Maurizio Bufi fa sua la nota rilanciandola: nei primi due mesi di quest' anno, la Consob - la commissione di controllo sulle società e la Borsa - ha bloccato 34 siti Internet e 3 pagine Facebook attraverso le quali venivano promessi servizi finanziari d' investimento dai risutati mirabolanti quanto millantati. Leggi anche: Rai, la truffa sui gettoni d'oro per i quiz tv: il piano diabolico dietro la Zecca dello Stato Ebbene: il fenomeno è vasto e crescente. Infatti, sempre più nutrito è il numero di segnalazioni della Consob, come delle altre Autorità, riguardo soggetti che offrono servizi di investimento senza autorizzazioni. La Direttiva europea Mifid II le ha per fortuna dotate di maggiori poteri anche riguardo l' abusivismo finanziario sul web. L' art. 2 del D.Lgs. 129 del 3/8/2017, recependola, ha introdotto nel Testo Unico della Finanza l' articolo 7-octies che recita: «La Consob può, nei confronti di chiunque offre o svolge servizi o attività di investimento tramite la rete internet senza esservi abilitato ai sensi del presente decreto: a) rendere pubblica, anche in via cautelare, la circostanza che il soggetto non è autorizzato allo svolgimento delle attività indicate dall' articolo 1, comma 5; b) ordinare di porre termine alla violazione». Poteri che la Commissione ha iniziato ad usare emanando numerose delibere in cui vieta di proseguire offerte abusive tramite siti internet e pagine Facebook riconducibili a soggetti quasi sempre con sede in paradisi giuridici del Pacifico o dei Caraibi privi di licenza di un paese dell' Unione Europea, oppure a società con licenza di un paese Ue ma che hanno iniziato a lavorare in Italia senza comunicarlo o, peggio, offrendo servizi per cui non sono autorizzate. LA MAGISTRATURA Riguardo l' oscuramento dei siti internet, invece, occorre una decisione della Magistratura, cui la Consob trasmette gli atti. Qui il discorso si complica. Le centoquaranta Procure della Repubblica, ma anche la Polizia Giudiziaria, non dispongono di un archivio comune in cui inserire i propri dati e consultare quelli altrui. Per questo motivo, una denuncia non riesce ad essere valutata nella giusta maniera, ossia come indicatore di un enorme meccanismo truffaldino con anche notevoli implicazioni riguardo il riciclaggio di danaro. Il Pubblico Ministero cui è assegnata è pertanto spinto a non prenderla in grande considerazione, ancora di più se si pensa che deve decidere dove indirizzare i mai troppo notevoli mezzi, anche economici, e il personale di cui dispone. Una sempre maggiore necessità, e non soltanto riguardo l' abusivismo, è quindi l' istituzione da più parti richiesta della Procura Nazionale per i reati finanziari. Il punto focale consiste nel fatto che i tempi della giustizia non reggono il passo di quelli dei truffatori, specie sul web. Non solo: non appena viene bloccata una società, i truffatori ne aprono immediatamente un' altra e proseguono sotto altro nome. E qui la questione si allarga alla cooperazione internazionale, che però non funziona con quei paesi che vivono proprio favorendo il domicilio fittizio di società. E sono i paesi dove si concentra la quasi totalità dei truffatori. LA VIGILANZA EUROPEA Discorso a parte sono i paesi della Ue dove l' attività di vigilanza è molto scarsa, se non quasi assente, Cipro in primis. In questi casi sono doverosi interventi da parte delle più alte funzioni dell' Unione Europea. Occorrono insomma nuovi e più validi strumenti di intervento, che necessitano del coinvolgimento di tutti gli attori delle Istituzioni e del mercato, i quali devono rendersi conto appieno dello stato di allarme rosso in cui ci si trova. Il fenomeno è infatti pericoloso pure per le stesse banche e imprese di investimento già dal punto di vista della convenienza economica, dato che il danaro perso dai clienti costituisce una potenziale raccolta sfumata a causa di concorrenti sleali oltre che truffaldini. Il vero antidoto è il buon senso e l' autocontrollo: se crediamo a chi ci promette rendimenti del 120% all' anno siamo ingordi e gonzi. di Giuseppe D'Orta