Grazie al Prof, le bancheingrassano coi nostri soldi
Gli istituti italiani comprano altri 2 mld di Btp, ma lasciano famiglie e imprese a bocca asciutta. Monti nella sua agenda parla di tutto, ma non del vero dramma del Paese
di Sandro Iacometti Rovinando un po' la festa a Mario Monti, che in questi giorni ha celebrato la discesa dello spread (ieri ha chiuso a 275) sotto la soglia dei 287 punti, che lui aveva indicato come obiettivo di governo rispetto ai 574 di inizio mandato, la Bce ieri ha diffuso i dati periodici sugli acquisti di titoli di Stato da parte delle banche italiane. Ebbene, anche a novembre gli istituti di credito hanno fatto il pieno, rastrellando altri 2,1 miliardi di titoli e facendo salire il valore complessivo alla quota record di 370,1 miliardi. L'ennesima conferma, semmai ce n'era bisogno, che le politiche di governo e la ritrovata credibilità e autorevolezza che il premier avrebbe conferito al nostro Paese nei confronti dell'Europa e dei mercati c'entrano fino a un certo punto con il differenziale tra Btp e bund. La realtà è che a fare la differenza, per l'Italia come per altri Stati periferici del Vecchio continente, sono state più che altro le mosse di Mario Draghi, a partire dalle aste di liquidità con cui l'ex governatore a dicembre 2011 e febbraio 2012 ha inondate le banche europee di mille miliardi di euro (255 solo in Italia) al tasso dell'1% fino all'annuncio dello scorso settembre, quando il numero uno dell'Eurotower ha impugnato il bazooka promettendo acquisti di bond illimitati in difesa dei Paesi più deboli. Dettagli che non sono sfuggiti al nient'affatto sprovveduto professor Monti, il quale non a caso si è ben guardato, tra i tanti temi toccati dall'azione di governo nel nome dell'equità e delle riforme, di affrontare la questione dell'accesso al credito e dei problemi di liquidità di famiglie e imprese. Curiosamente, del problema non si fa menzione, neanche di sfuggita, neppure nella tanto citata agenda Monti, così ricca di spunti e di suggerimenti per il lavoro del prossimo esecutivo. Finché le banche continuano a fare indigestione di Bot e Btp, insomma, va tutto bene. E poco importa se mentre lo spread dei titoli di Stato scende, quello che gli istituti di credito applicano ai nuovi mutui sale in eguale e contraria misura, con tassi di interessi sui prestiti variabili applicati alla clientela che superano il 3% a fronte di un indice euribor trimestrale ormai precipitato sotto lo 0,2%. Per non parlare dell'irrigidimento dei vincoli e dei paletti imposti, sia alle famiglie sia alle imprese, soprattutto piccole, per accedere ai finanziamenti. Certo, si dirà, le sofferenze e i crediti inesigibili delle banche continuano a viaggiare da molti mesi sopra i livelli di guardia e il sistema del credito deve mettersi al riparo da cedimenti anche per garantire la stabilità del Paese. Resta il fatto, come spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, che «le banche hanno comprato a mani basse denaro a tassi stracciati dell'1% dalla Bce e invece di impiegarlo sul mercato per la crescita economica lo hanno investito nei Btp con interessi anche oltre il 5% assicurandosi un guadagno secco e a portata di mano di circa quattro punti percentuali». Non solo. Coi soldi della Bce gli istituti hanno pure continuato a finanziare la Pa. Tra gennaio e settembre i prestiti alla pubblica amministrazione sono cresciuti di 17,3 miliardi di euro mentre quelli alle aziende e ai cittadini sono diminuiti rispettivamente di 29,1 e 7,2 miliardi. Secondo Longobardi, in questo modo si fa solo affondare il Paese. E Monti, «che con il mondo bancario è stato assai generoso, avrebbe dovuto e potuto ottenere ampie garanzie per il rilancio dell'economia». Avrebbe almeno potuto, viene da dire, mettere in campo qualche misura di sostegno per chi è più in difficoltà. Persino, l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, pur con tutte le critiche che gli si possono rivolgere, di fronte alla violenta crisi del 2008 varò senza pensarci due volte un decreto per fissare il tetto dei mutui al 4%. Un meccanismo limitato a chi aveva sottoscritto prestiti a tassi inferiori e non privo di insidie sull'allungamento delle rate, ma che servì a molte famiglie, per usare un'espressione cara a Monti, ad uscire dal tunnel. Anche il governo tecnico, a dire il vero, è intervenuto in un'occasione sul fronte dei mutui. All'interno della riforma Fornero del lavoro, varata a giugno ed entrata in vigore il 18 luglio, è infatti contenuta una norma che ha ridisegnato l'accesso al Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa che consente di sospendere per 18 mesi la rata del prestito per chi ha un reddito Isee sotto i 30mila euro. I parametri, inutile dirlo, sono diventati più stretti, essendo possibile chiedere il sostegno solo in caso di licenziamento o handicap grave non inferiore all'80%. Ma non è tutto. Andando sul sito della Consap, che gestisce il fondo, si può leggere che è «in via di emanazione il nuovo Regolamento che modifica il preesistente decreto n.132/2010» e che «fino all'emanazione del nuovo Regolamento non sarà pertanto possibile ricevere nuove istanze di sospensione». Risultato: il fondo è bloccato dallo scorso luglio. Dello «spread» che pesa sulle famiglie, evidentemente, il professore non si cura.