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Il Grande Fratello fiscale:le banche costrette a spiarci

Gli istituti obbligati a segnalare le variazioni "sospette" sul conto: centinaia di correntisti verranno indagati per il libero utilizzo di denaro guadagnato onestamente

Andrea Tempestini
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  di Franco Bechis Probabilmente ora che partirà, non fa più paura a nessuno. Il Grande fratello fiscale, l'occhio della Agenzia delle Entrate che spierà patrimoni, depositi e conti bancari degli italiani, entrerà in vigore fra poche settimane a sette anni circa da quando fu concepito. All'epoca c'era al ministero Vincenzo Visco, padre dell'idea di quel grande fratello fiscale (non della sua realizzazione), e in sette anni c'è stato tutto il tempo per fare esplodere il panico, probabilmente per fare fuggire capitali anche per questo motivo,  per fare trovare ai furbi antidoti più sofisticati in grado di sfuggire a questo indagare morboso, per anestetizzare qualsiasi timore. Ci sarà anche chi non ha fatto nulla, nella certezza man mano che trascorreva il tempo che la minaccia mai sarebbe divenuta reale. Ora dovrà invece farci i conti. E certamente dovranno farli gli italiani per bene che nulla hanno da nascondere e che si vedranno comunque osservare, spiare, magari male comprendere. E' il loro amaro destino: da decenni ogni misura di politica fiscale strombazzata sotto la bandiera sempre viva della caccia agli evasori, non riesce a recuperare che qualche spicciolo illegalmente sottratto alle casse dello stato, e finisce con il torchiare fino all'osso chi si è comportato bene e dallo Stato invece di un grazie riceve uno schiaffo dietro l'altro. Questa volta il compito affidato alla Agenzia delle Entrate dal regolamento sul Grande fratello fiscale, passato al vaglio del garante per la privacy, non sarà di portare via soldi ai contribuenti. Ma di controllare se e come spendono i loro soldi. L'agenzia monitorerà se e come aprono depositi, conti, cassette di sicurezza e naturalmente quante volte li aprono o movimentano. Una persona anziana ad esempio - ce ne sono tante- che in una cassetta ha depositato tutti i suoi piccoli tesori (qualche monile, qualche grammo d'oro magari pure ereditato da altre generazioni) abituata a controllare il contenuto di quella cassetta con una certa frequenza per bisogno di sicurezza o perchè ogni tanto la memoria difetta, diventerà subito un sospetto Al Capone. Chi andrà controllare due volte all'anno sarà invece lasciato in pace. E non importa se lì ha nascosto il frutto di una rapina o una partita di droga. La logica del controllo è questa.  Sui conti correnti la norma dice che agli occhi della Agenzia saranno sospetti grandi incrementi di valore che di discostino dalla media abituale così come eccessive diminuzioni. C'è da sperare che i funzionari ci mettano una dose notevole di buon senso, che è la sola medicina di fronte a controlli così massivi. Il programma segnalerà in automatico quelle variazioni “sospette”, e il rischio è che centinaia di migliaia di cittadini risparmiatori finiscano “sotto inchiesta” del fisco italiano per banalità assolute, o comunque per il libero utilizzo di denaro guadagnato onestamente. Quando ti dicono che questo avviene per combattere l'evasione, si è sempre con le spalle al muro. Certo che è sacrosanto cercare di recuperare quello che i furbi nascondono al fisco, mettendo nei guai tutti gli altri. E' un male così profondo dell'Italia che anche qualche colpo sotto la cintura è comprensibile a questo fine. Eppure quella parola- libertà- non è senza significato in questa vicenda. E vale più della guerra cieca e santa all'evasione. Anche chi non ha nulla da nascondere perchè paga le tasse richieste deve avere diritto a nascondere ad occhi terzi che fa del suo denaro guadagnato onestamente. E' sua libertà spenderlo come meglio crede. Fare la formichina per anni e poi all'improvviso concedersi quel che si era sempre negato senza doversi giustificare a chicchessia, Agenzia delle Entrate in primis. Sulle entrate si possono avere dubbi legittimi: si controlli se sono giustificate. Sulle uscite il discorso è più delicato. Ma riguardano il direttore della banca presso cui il conto è acceso, non l'Agenzia delle Entrate: se la spesa è compatibile con quanto è depositato, nessun problema. Se eccede e si va a debito, è questione che riguarda il patto stretto fra istituto e depositante. Perchè il fisco deve metterci occhio? Ci sono spese fatte magari in libero e legittimo segreto anche dei congiunti: perchè dovrebbero essere vagliate dal grande fratello? E' un po' come mettere quell'occhio sotto le lenzuola. La libertà di tutti vale di più anche di questa guerra santa. Ormai partirà questo grande fratello, e tutti saremo spiati dalle banche con cui avevamo un rapporto di fiducia particolare. L'arma c'è. Ma la si usi il meno possibile. E con tutto il buon senso necessario.  

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